Anno 2000: i Litfiba sono in crisi nera (artistica, non commerciale) e i dissidi tra il frontman Piero Pelù e il mastermind Ghigo Renzulli si fanno sempre più forti, fino ad arrivare all'inevitabile rottura (11 luglio 1999). Ghigo non si da per vinto e ingaggia il giovane e sconosciuto cantante Gianluigi Cavallo, il bassista Gianluva Venier e il batterista Ugo Nativi. Nasce così la sottovalutatissima e bistrattatissima mk III dei Litfiba, che debutta sul mercato discografico con "Elettromacumba", che segna il definitivo ritorno al rock dopo il pasticciato e raffazzonatissimo pop mainstream di "Infinito"; proponendosi come un album delizioso e scorrevole per tutti i suoi 42 minuti di lunghezza, un ottimo prodotto di una nuova entità musicale piena di voglia di riscattarsi e uscire allo scoperto (allegoriche in tal senso sono le foto sul retro del booklet).

La nuova svolta rock dei Litfiba è ben rappresentata in Elettromacumba da canzoni come la breve e incisiva "Piegami" dove Renzulli rispolvera alla grande il suo leggendario wah-wah, la tesa e incalzante "Il Patto", perfetta allegoria delle tentazioni e delle scorciatorie per arrivare al successo, la funkeggiante e sarcastica titletrack "Elettromacumba", lanciata da un intro intro che simula un modem in connessione, caratterizzata dai coretti di Ghigo e dall'andamento orecchiabile e suadente, e soprattutto "Spia" grandissimo anthem rock tutto in crescendo con tanto di schitarrata e coretto sul ritornello, davvero trascinante e ben fatto.

Non manca ovviamente una generosa dose di melodia, di cui sono perfetti esempi "Il Giardino Della Follia", "Dall'Alba Al Tramonto" e "Profumo". La prima è una solare ed estiva ballata per chitarra acustica, la seconda ci riporta ai ritmi latineggianti di "Spirito" e l'ultima è una stupenda e notturna serenata, grandissimo brano d'almosfera che si rifà alle primordiali atmosfere della trilogia del potere. Tutte e tre le canzoni hanno un tratto in comune, ovvero i testi poetici, dotati di una grande carica di ottimismo e spensieratezza.

Discorso a parte per "C'Est La Vie", un blues dall'andamento lento e quasi noir, che prende il giro lo star system e soprattutto per l'indiscussa punta di diamante dell'album, la stupenda opener "Il Pazzo Che Ride" (da sola vale tutti i venti euri che ho sborsato per il disco) che non saprei definire in altro modo se non come una bellissima canzone, con una melodia ammaliante, ariosa e apparentemente ingenua che nasconde un testo ironico e agrodolce. Prestazione davvero straordinaria di Cabo che rende al meglio la magia di questa stupenda canzone cantando il ritornello il maniera davvero passionale e quasi epica. Da manuale anche il riff di San Ghigo da Manocalzati e la lunga coda stumentale che chiude la composizione il modo leggero e sfumato.

In conclusione Elettromacumba è un disco meraviglioso, nessuna caduta di stile, nessuna voglia di cambiare canzone, un quasi capolavoro, che difetta soltanto di un pizzico di personalità in più, ma che rappresenta un'ottima overture per quello che sarà il masterpiece delle mk III, ovvero "Insidia".

Consiglierei anche il mitico video di "Elettromacumba"

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