Dopo album come "Desaparecido" e "17 Re", capolavori che rovistavano nella new wave coniugando un'attitudine musicale spiccatamente inglese a testi in italiano finalmente poetici e credibili, e un episodio meno riuscito come "El Diablo", nel quale il gruppo cominciava ad abbandonare le velleità politiche espresse in molti episodi della loro passata produzione e cominciava ad avvicinarsi ad un hard rock più irruento e meno raffinato, arriva questo "Terremoto", quinto album della band (escludendo live e raccolte) sostanzialmente radicato nelle sonorità proposte dall'album precedente aggiungendo semmai una vaga sfumatura grunge e una ritrovata vena polemica.
"Dimmi il nome" è puro rock d'assalto, una cavalcata epica e rabbiosa che accompagna un impietoso ritratto della criminalità organizzata ("sul mercato canta il violino la ballata dell'immunità") mentre "Maudit" inizia ombrosa e inquietante per esplodere in strofe cariche di furia hard rock con Pelù a delirare sarcastico ("di notte voglio andare nella televisione, truccarmi da pallone e poi raccontarvi tutto"). Tutto sommato queste due canzoni poste in apertura rappresentano il lato più vibrante e viscerale dell'album, con "Fata Morgana", invece, si sconfina nella poesia pura, in una surreale visione di deserti e cieli infiniti ("ho sete, sete di te che non sei qui, stella caduta dagli occhi") tra tempeste di sabbia e improbabili miraggi, il tutto sottolineato da sonorità che da soffuse e psichedeliche si trasformano in aggressive scariche di riff e ritmi sincopati. In questi lidi di psichedelia poetica e rarefatta si adagia anche la dolente ballata antimilitarista "Prima guardia", apice visionario del disco, con ancora squarci di poesia allucinata ("torri come pere, ma il nemico non esiste") sottolineati da un ottimo lavoro di Ghigo Renzulli alla chitarra (ma un plauso va anche al tastierista Daniele Aiazzi). "Dinosauro" sprizza rabbia e potenza da tutti i pori, mentre "Sotto il vulcano" rappresenta l'inquietante finale di un'opera affascinante e decisamente ben riuscita.
Insomma, un riscatto dopo il mezzo passo falso (a mio avviso) di "El Diablo". I Litfiba non si erano ancora abbandonati alle lusinghe del mercato, e riuscivano ancora a creare musica di qualità.
Per quanto mi riguarda, soprattutto conoscendo la loro ultima scadentissima produzione, "Terremoto" è un album tutto da scoprire.
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