Dopo 2 capolavori consecutivi i Little Feat si ritrovano per questo album un pochino demoralizzati visto l'immeritato insuccesso nelle charts, anche se tuttavia il gruppo rimane sempre una grandissma attrazione dal vivo e gode del rispetto degli addetti al lavoro.
Pur con molte tossine negative addosso l'album in questione è, per quanto mi riguarda, il lavoro più elettrizzante del gruppo di Lowell George. Certo non ci sono più le "desertiche" ballate dei primi lavori, quel suono così legato alle polverosa provincia americana fatta di rottami abbandonati e birrerie vuote, di sieste sotto il patio aspettando il niente. In questo album c'è più metropoli, autotreni strombazzanti fermi in colonna, prostitute in pieno giorno: il funk dei '70 entra prepotentemente nelle "corde" del gruppo e diventa il tratto dominante, seppur contaminato nel classico stile del gruppo. Il livello compositivo comunque rimane ai livelli massimi ed è questo l'importante.
"Rock And Roll Doctor" è uno sporco r&b-rock incredibilmente arrangiato, con una ritmica avvolgente e cadenzata e la slide che cesella e impreziosisce; la composizione si definisce in mille evoluzioni così da non capire dove sia la strofa e il ritornello, ci si stupisce di cotanta genialità di scrittura e i neanche 3 minuti del brano già finiscono.
La grande qualità di George è quella di scrivere brani imprevedibili dove la struttura classica strofa-ritornello va a farsi benedire, tanto da contare in un solo brano più di una strofa e più di un ritornello.
"Oh Atlanta" è un vigoroso rock'n'roll pianistico con corali e countreggianti ritornelli; il brano è più lineare del precedente, ma impressiona il modo di rinnovare e mixare in maniera così convincente e divertente due generi "classici" (il country e il rock'n'roll).
"Skin It Back" è un funky-rock con i controfiocchi, tanto da essere un classico del genere. Il riff chitarra tastiera è talmente riuscito da sembrare anche a chi non lo conosce un brano famoso.
Come nel primo brano la voce di George così sexy e vissuta, tanto da lambire e ampliare i territori consueti del miglior Jagger, è l'arma vincente di un gruppo già stratosferico.
"Down In The Road" è una sonnolenta rock-ballad (con spruzzate di vari altri generi) che ricorda il periodo di "Sailin'Shoes".
Il funk più scuro ritorna con la bellissima "Spanish Moon": arrangiamenti fiatistici, clavinet funky, voce e cori di gran personalità ed ecco un brano da colonna sonora dei '70.
Il surrealismo anche musicale torna con "Feats Don't Fail Me Now" : gospel-boogie per ubriachi? non saprei come definire questo brano corale e arrembante, fluido quanto sghembo.
Con "The Fan" i Feats fanno sul serio: si lanciano in un jazz-rock dalle tinte prog con ampia digressione strumentale, sostenuto da una ritmica ossessiva e potente ... gran bel brano, unico nella discografia del gruppo.
Per finire in bellezza i Feats si lanciano in un medley live in studio dei classici "Cold,Cold,Cold/Tripe Face Boogie": grandissima prova e bellissima improvvisazione centrale.
Insomma questo disco è tra i migliori album degli anni '70 in ambito rock-blues e risulta forse ancora più attuale dei 2 precedenti.
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