"Questo è il disco che avrei voluto fare nel 1969... è un tributo ai pionieri dell'hard rock con i quali sono cresciuto... The Kinks, The Who, Yardbirds e i tre gruppi nati da loro: Cream, Jeff Beck group e Led Zeppelin...".
Basterebbero queste poche righe scritte per presentare il suo album, per avere un'idea di cosa contiene. Uscito nel 1999, ma frutto di anni di stesura, è praticamente il quinto album che chiude la serie dei suoi album politici iniziata nei lontani anni ottanta in era reganiana. Ma questo album qualcosa di diverso lo contiene veramente, è a tutti gli effetti un album di hard rock fumante ed intransigente che da Little Steven non ti aspetteresti. Il sogno della sua vita da musicista si concretizza a più di trent'anni dall'inizio della sua carriera.
Carriera passata praticamente a New York, lui nato a Boston, passando gli anni settanta facendo da comprimario prima a Southside Johnny , per il quale scriverà alcuni successi, poi divenendo chitarrista della E Street Band dell'amico fraterno Springsteen, con cui starà fino alla realizzazione di "Born in the USA" del 1984, dopodichè abbandonerà il vecchio amico alla vigilia del tour mondiale che farà di Springsteen una star mondiale. Steve Van Zandt (questo il suo vero nome), sembra avere una piccola missione da compiere, quella di divulgare la corruzione politica, fatta di lotte a favore dei poveri e degli emarginati. Partì da lui l'idea del progetto "SUN CITY", che riuniva artisti di tutto il mondo contro l'APARTHEID.
Questo "Born Again Savage" è puro hard garage rock, lontano anni luce dai suoi dischi anni ottanta che per quanto potessero essere onesti e liricamente interessanti soffrivano di quella iper produzione che ha rovinato centinai di dischi di quel decennio.
Formazione a tre con Little Steven alla voce (mai così incazzata) e chitarre (vere protagoniste del lavoro), Jason Bonham (figlio di... cotanto padre) alla batteria e Adam Clayton (sì proprio quello che sta alla sinistra di Bono) al basso.
Bastano i primi due brani per presentare un Little Steven, che può finalmente far valere e vedere a tutti quanto la chitarra la sappia suonare alla grande, senza dover sottostare al boss padrone.Born Again Savage e Camouflage of Righteousness sono dure rock songs con chitarre in grande evidenza che possono andare a collocarsi nellhard blues settantiano. Guns, Drugs and Gasoline veloce e galoppante racchiude un coro che sembra uscito dalla London punk '77, così come Organize. Face of God è uno spoken rock che anticipa la stupenda Saint Francis, con una grande e accorata prova vocale di Steven che ci delizia anche con un assolo centrale che cambia marcia alla canzone che dopo otto minuti si chiude con l'arpeggio iniziale. La migliore canzone del disco senza dubbio.
Si chiude con la dilatata e quasi psichedelica "Lust for enlightenment" e la rockeggiante "Tongues of Angels", che ricorda qualcosa dei migliori U2 degli anni ottanta.
Cosa aggiungere altro, se non che questo album passò totalmente inosservato all'epoca della sua uscita. Un paio di anni fa Steven parlò di una rimasterizzazione del suo catalogo che comprendeva anche quest'ultimo lavoro. Io lo consiglio a tutti gli amanti del rock. Non lasciatevi fuorviare, qui non troverete tracce di Springsteen o dello Steven anni ottanta. Ora che il nostro "piccolo" Steve tra un passagggio in tv nella serie "i Soprano", la conduzione di programmi radiofonici, atti a lanciare nuove leve rock, casa discografica e la reunion della E Street band, sembra aver ritrovato lo slancio giovanile aldilà dell'imbolsimento fisico. Fategli e fatevi un regalo, ascoltate questo disco. Merita.
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