Era il 1990 e anche se non c'ero, dubito che quest'album sia stato venduto molto; non penso che sia male, ma il fatto è che quei tre anni che vanno dal 1990 all'inizio del 1993 sono stati un putiferio musicale, nel senso che ne sono successe di tutti i colori.
Penso infatti che questo disco non abbia inciso per niente, nonostante sia sviluppato e strutturato meglio rispetto al precedente "Vivid" del 1988 (pur non essendo migliore). Il disco probabilmente è stato "sottomesso" da altre correnti musicali che hanno rivoluzionato il mondo del rock. I Living Colour incidono questo disco e lo pubblicano alla fine del 1990; troppo tardi... ecco che arriva il bastimento del grunge con il "Nevermind" dei Nirvana e il "Ten" dei Pearl Jam (e molti altri...). Poi succede che dopo duri anni di lavoro, i Red Hot Chili Peppers riescono a sfondare con il loro supremo "Blood Sugar Sex Magik" e già si intravedono i primi spruzzi di successo rapcore dei Rage Against The Machine.
Tutti questi fatti tengono estranei i Living Colour dal successo riuscito ad ottenere con "Vivid" (anche se comunque il gran botto c'è). Un gruppo fin troppo sottovalutato, dato che Corey Glover è dotato di una voce portentosa e il chitarrista Vernon Reid se la cava molto bene. Ma i soldi ottenuti dal successo non fanno di un disco un capolavoro e i Living Colour ne sono la dimostrazione vivente. Con dedizione ed impegno hanno saputo sfornare album notevoli non cadendo nel baratro del commercio musicale.
L'album è in puro stile Crossover, cogliendo generi musicale di qua e di la; da una parte un amalgama di Funk e Hard Rock con toni Heavy, dall'altra la tipica energia passionale ricavata dal blues. Nonostante uno sbiadimento rispetto al più vivo "Vivid", l'album riesce comunque a mio parere a soddisfare. Pur mantenendo i canoni di "Vivid", i Living Colour iniettano nel loro Crossover una dose di progressive.
Improvvisazioni, tempi insoliti e sconnessi richiamano il Prog più ricercato degli Emerson Lake & Palmer, degli Yes e dei King Crimson (il loro gruppo prediletto) come in Type, traccia non male ma mancante di mordente. Il brano più riuscito è un pezzo in bilico tra Funk e Blues Rock; Love Rears Its Ugly Head, canzone curata nel dettaglio, tra trombe a ritmo funk dei primi Red Hot Chili peppers di "Freaky Stiley" (provare per credere) e solos chitarristici di hendrixiana memoria, sfocia in un passionale ritornello che mette in risalto tutta l'abilità canora di Corey Glover. Si comicia ad entrare nel vivo con Under Cover of Darkness, scritta interamente da Glover, ancora a suon di funk. In New Jack Theme si percepisce una cura minimale negli arrangiamenti che continua anche in Solace of You. Un ritorno ad un possente hard rock alla loro Cult of Personality è evidente in Information Overload e in Pride, che sfruttano anche un suono di stampo crossover.
Un album che di certo non ha entusiasmato, che risente della sua collocazione temporale, ma che può essere sottovalutato; non è affatto un brutto disco, ma ce ne sono di lavori migliori anche in ambito crossover e funk rock.
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