Diciassette minuti sono il nulla, oppure potrebbero significare tutto. Un pensiero del genere vi scorre nella testa mentre un vinile gira incessantemente e risuona nel salotto di casa con veemenza terremotante. Nella sua brevità lungo la spina dorsale di dieci brani vi entra dentro e crea il caos, quello impenetrabile, che travolge e lascia storditi. Questo perché di schizofrenia e lacerazioni sonore ve ne sono molte qui dentro, in “Life/Less” dei Loma Prieta, lavoro uscito nel 2010, in un contesto di produttività fulminea.
Fin dal primo momento in cui lo ascoltai, collegai l’esperienza a due parole : vecchia scuola. Avesse avuto un’altra manciata di pezzi al suo interno la mente mi avrebbe riportato agli ascolti di quei dischi come il "Dirty Rotten LP", targato 1983, una ventina di brani e non si scollinano i 20 minuti, produzione grezza e senza abbellimenti del caso. Ecco, non fraintendentemi, di crossover thrash qui dentro non ce ne è traccia, si parla di mere associazioni per medesimo impatto avuto sulle mie orecchie. Riesce anche difficile inquadrare cosa facciano di preciso i Loma Prieta, perché pur nell’ermetismo delle composizioni che da sempre li caratterizza riescono a raccimolare influenze dalle tinte cupe, come se si stesse fissando un barile di petrolio e il riflesso è nullo, praticamente. Gli occhi diventano colmi d'apatia e il cuore si spegne. Appaiono ombre fugaci, ma il buio denso e avvolgente che inquieta è dominante. Il riverbero del noise, l’attitudine DIY dell’hardcore punk, i frammenti di melodia screamo, i riff spaccaossa di un pezzo come "Dark Mtn" incontrano rallentamenti vertiginosi, il sing-along disperato a chiudere "Apparition", accelerate furiose e impenetrabilità caustica alla Converge e quant’altro. I Loma Prieta, insomma, hanno un loro sound dove inglobano le loro allarmanti angosce. E’ una follia dinamica, di cambi repentini nel giro di secondi. Personalità contrastanti emergono a discapito di altre che si sgretolano, come dei vecchi ponti che crollano lasciando solo macerie al suolo.
Man mano che si va avanti con “Life/Less” svanisce quella speranza di poter udire un qualcosa che possa finalmente far tirare un sospiro di sollievo. L’agonia potrà essere mitigata da frammenti rischiaranti, ma Brian Kanagaki alla chitarra e Val Saucedo alla batteria riprendono il tormento in men che non si dica, prima che s’aggiunga Sean Leary che con le sue corde vocali roventi ti urla con tutto ciò che ha in corpo : “I’m just trying to get to the bottom of plastic bottles. I want to know what It’s like inside. Life at the bottom.”
Nessun compromesso sonoro, forse questa è la descrizione migliore di ciò che viene creato nella coltre di nebbia che scende fitta su San Francisco, lì dove sono nati. E’ un manifesto che butta a terra, che urta con violenza qualsiasi cosa sia sul suo tragitto. E loro non si fermano, rincarano la dose. Non cambiano in una vacuità esistenziale che corrode e contamina la loro sound, fratture sociali che plasmano i Loma Prieta e ci restituiscono una creatura che da anni scardina i limiti della propria scena musicale, confermandosi continuamente come una delle realtà più solide là fuori.
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