Oh, finalmente riesco a recensire un album di Lone (Matt Cutler), nonostante ne abbia prodotti già sei non riuscivo a entrare in un sufficiente stato di empatia da scriverne un articolo. Ma chi prendo in giro? La verità è che ho perso completamente la testa per Sea of Tranquility, uno dei brani più riusciti di Levitate, album che ritorna con astuzia alla formula di Galaxy Garden, uno degli album meglio riusciti del compositore inglese. La filosofia è sempre quella, interpretare le sonorità tipiche della rave-jungle anni novanta con uno stile maggiormente al passo coi tempi. Ma il risultato è semplicemente solo suo e chi ha ascoltato qualche sua fatica sa di cosa parlo, in realtà quello che salta fuori non è propriamente collocabile, stazionando in una sorta di limbo avulso dal tempo.

Si parte subito in quarta con Alpha Wheel, pochissimi convenevoli con una linea di synth inequivocabilmente "90's" che lascia subito lo spazio a una drum machine jungle realizzata con un sample ormai storico, sfruttatissimo da molti artisti, Squarepusher compreso. Voci suadenti femminili, tappeti spaziali ed effetti ultra cristallini ci riportano a colori e atmosfere ormai legate ai ricordi e la nostalgia, ma nuove soluzioni armoniche cambiano le coordinate, schema applicabile sostanzialmente a quasi tutti i brani. Backtail Was Heavy ripiega molto più sul dancefloor, con una carrellata di samples, sirene e cori che richiamano all'istante smile sorridenti e luci stroboscopiche. Vapour Trail prende anche senza ritegno una linea vocale da Take me to Heaven dei Baby D (caro Lone, non sei il solo ad amare la rave jungle), rallentandola e caricandola di una nuova curiosa identità. La scatenata Triple Helix ci porta nella stratosfera a velocità smodata, grazie alla sua frenetica drum machine breakbeat, voci di neonati e una scarica di synth che ci ricordano chi è il responsabile della fortuna di Azealia Banks. Qui assisitamo anche a un incredibile tributo agli Orbital e la loro Out There Somewhere Part 1, recuperando in toto una sua soluzione armonica. O magari si è trattato di una curiosissima coincidenza. Arriviamo poi alla già citata Sea of Tranquility, brano che vi consiglio assolutamente, se c'è un'opera che farà ricordare un'artista, forse Lone ha trovato la sua. Inizio idilliaco immerso in un oceano di synth cristallini, parata tribale di sottofondo e siamo già precipitati in un vortice di colori rinfrescanti. Una ritmica jungle frenetica si sposa con suoni caraibici, creando un paradosso: vorrebbe far sudare, ma il risultato sembra quasi una ballata. Ascoltandola mi sono ritrovato a fare sesso con un cyborg sotto un cielo digitale, potere dell'immaginazione, e senza contributi psicotropi. Ci sarebbero anche altri pezzi, ma voglio finire l'articolo con questa meraviglia, così come l'ho iniziato.

Bello, bello, bello. Ho scritto bello? Correte ad ascoltare l'ultima fatica di un giovanissimo che ripercorre a modo suo un'epoca d'oro che probabilmente mai ha vissuto, ma ce n'è poi così bisogno quando il risultato è questo?

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