Psichedelia, lisergico, space, cosmic, kraut, feedback, riverberi e via dicendo. Messe in fila tutte le parole che non si devono usare per scrivere di un disco con precisione - perché queste ci starebbero tutte ma le trovo dappertutto - resta ben poco da dire di strettamente connesso all'EP in questione. Una puntatina la faccio sullo shoegaze: non è mica detto che una voce bifronte e plettrate all'ittero debbano per forza significare che ad una band piaccia guardarsi le scarpe mentre suona. Certe associazioni non le capisco. A parte le caratteristiche tecniche del suono, la musica poi ha un'anima e quella dei Loop non è mica dolce e gentile: sembrano proprio quei tossici da scorribande tra buchi neri e meteoriti, malviventi universali. Quindi shoegaze niente. Come per gli Spacemen 3 cui somigliano molto e rispetto ai quali hanno qualcosa in più e qualcosa in meno. In meno hanno il raziocinio, un tavolino su cui scrivere i brani, la lucidità, gli affetti familiari, certi - seppur velatissimi - compromessi. In più hanno la fame, la voglia di andare direttamente al sodo, l'istinto tossico che sa portare ogni brano al cuore e tritarlo e ritritarlo fino a quando non ti ha esaurito abbastanza. Anzi, più che di cuore dei brani parlerei di fegato, indi(e) ragion per cui bile e da qui vi spiegate l'ittero di prima. La musica dei Loop è pregna di un liquido buono che però viene prodotto in surplus e alla fine manda a male tutto, facendo inacidere qualsiasi cosa attraversi. Ad esempio, ieri sera ha inacidito me che avevo certe cose importanti da fare e per questo avevo deciso di assumere una piccola dose di musica quotidiana (non come la solita, enorme) da ascoltare con calma. Per cui, avendo in sospeso l'ascolto di questo EP di tre tracce, ho pensato che il momento fosse quello giusto. Un quarto d'ora di relax, immaginavo. Poi, naturalmente, mi hanno bucato subito la vena giusta e, chiaro, li ho messi in loop. Risultato è che alla fine vedevo i mostri e non ho fatto nulla di ciò che avrei dovuto fare. Per questo li amo e venero questo piccolo capolavoro che per sintesi e capacità di comunicare stravale tutte le lodi che si sarà meritato in giro.
Insomma, era il 1988 quando lo realizzavano. Inglesi i tizi. Quindi provenienti da una terra con band di grande lignaggio e nobili stirpi. I Loop hanno messo bene le radici sia a casa propria (scontato fare un riferimento agli Hawkwind), sia sotto e oltre Manica arrivando in Teutonia (scontato fare un riferimento ai Neu!). Ma anche molto oltre Manica per arrivare in America dalle parti dei Suicide e band affini, di cui conservano quel qualcosa che fa gelare il sangue nelle vene.
Mi viene da lodarli per bene, di dirne davvero ottime cose perché il potenziale espresso in soli tre brani è incredibilmente malato e tagliente, ed ottimamente riproposto nei full lenght. Un drone rock della malora, nato per portarci fuori strada qualsiasi cosa stiamo facendo. E quindi sbagliare, sbagliare, sbagliare, sbagliare, sbagliare (tendente ad infinito). Che poi ci sono i tipi come io a cui piace sbagliare. Sbagliare, sbagliare, sbagliare, sbagliare...
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