Anno 1997: viene pubblicato "Cantos", il primo album ufficiale a nome L'Orchestre Noir, il progetto sinfonico di sir Tony Wakeford (progetto in verità attivo già da un paio di anni, ma solo in una dimensione live: un'idea germogliata proprio dal vivo, mentre Il Nostro tentava sul palco di presentare i brani dei Sol Invictus in una veste più pomposamente "orchestrata", avvalendosi di un vero e proprio ensemble da camera).

Facciamo un passo indietro: l'ultimo lavoro dei Sol Invicus era stato "In the Rain", un album significativo nella carriera di Wakeford, dato che andava a consolidare la dimensione corale del progetto, che fin dagli esordi vedeva al suo centro, saldo al timone, Wakeford stesso. Intorno al leader incostratato della band si andava a sviluppare un agglomerato di musicisti (spesso veramente notevoli) che andavano ad arricchire il sound scarno delle origini. In altre parole, i Sol Invictus andavano ad affrancarsi sempre di più da un'impostazione che traeva ancora importanti stimoli dal retroterra industriale, per approdare ad una forma più raffinata di folk, sì apocalittico, ma non nell'accezione sdogatanata dal "nemicamico" Douglas P. con i suoi Death in June. Laddove l'antico compagno di merende puntava ad un isolazionismo che rasentava il patologico, Wakeford allargava i suoi orrizzonti, fino ad approdare alla musica sinfonica della sua Orchestra Nera.

"Cantos" apre quindi uno squarcio nella carriera di Wakeford (non privo di conseguenze importanti per l'evoluzione dei Sol Invistus, sempre più calati nel contesto di un tragico ensemble da camera), raccogliendo lo spirito, l'inconfondibile poetica della Fine della band madre, per trasmutarli in un'oscura musica sinfonica, un esperimento già abbozzato nelle due prove soliste di Wakeford degli anni novanta ("La Croix" e "Cupid & Death").

"Cantos" è principalmente un'opera "dark", e a tale sottocultura deve essere ricondotta, nonostante le ambizioni di Wakeford, che è probabilmente un ingauribile romantico ed un genio visionario, ma non certo un compositore di musica classica. Forse nemmeno un musicista, a guardar bene, ma ha un cuore grande quanto il mondo intero, Wakeford, e le sue opere, imperfette, limitate, puerili quanto vi pare, brillano comunque della sua personalità, ben descrivono le sue drammatiche visioni, vibranti della sua inquietudine esistenziale.

"Cantos" è quindi un'opera d'atmosfera che intende tracciare il perimetro di una landa fantastica in cui è tangibile una tensione che sembra essere dimenticata dal chiasso inutile del mondo moderno: l'ululare lontano dei lupi, i tamburi da guerra che rombano preparando battaglie leggendarie, i carri che scricchiolano sotto il peso immane delle armi, mentre i vessilli sventolano strapazzati dal vento gelido, bagnati dai primi schizzi di un imminente temporale, mentre il cielo è grigio, mentre i lampi silenziosi abbagliano per un istante il campo dove gli eserciti si irrigidiscono mano a mano che il tempo scorre in una desolante quiete che è premessa della loro eroica morte. In un angolo del quadro, un'ensemble di folli tesse solenni melodie guidate dalle lenta gesta di Eric Roger, braccio destro in quest'operazione di Wakeford. Il francese Eric Roger, il sublime trombettista Eric Roger, già conosciuto nelle fila dei Sol Invictus, nonché uomo di vasta cultura classica. Ma non sarà il solo pezzo dei Sol Invictus presente: rispondono all'appello il violino di Matt Howden e le ugole angeliche di Sarah Bradshaw e Sally Doherty, che nel tempo andavano a sedimentare il nucleo della piena maturità dei Sol Invictus.

L'impressione che Wakeford abbia fatto il famigerato passo più lungo della gamba è tuttavia lampante: spurgata infatti dall'intenso afflato cantautoriale di Wakeford che da sempre illumina il cammino claudicante del folk apocalittico dei Sol  Invictus, quella de L'Orchestre Noir rimane una musica solamente ed esclusimante evocativa, pregna della marzialità, della disperata epicità, del pathos drammatico della band madre, ma niente o poco di più, come se il piatto servito fosse un buon contorno senza la sostanza della pietanza principale. I sontuosi arrangiamenti di archi e fiati che fino ad allora avevano impreziosito le ruvide ballate del Sol Invictus, con fatica sembrano infatti sorreggersi da soli, e non è un caso che inevitabilmente Wakeford si ritrovi costretto a piazzare, quali ghost song (ben occultate per non contaminare la natura "pura" del concept che sta alla base del progetto) due brani dal vivo dei Sol Invictus accompagnati da L'Orchestre Noir per sfamare i fan più integralisti.

Melodie ripetitive e prive di significativi guizzi vanno infatti ad appesantire le statiche evoluzioni di un progetto fautore di una musica alquanto prolissa e lontana dall'entusiasmare, e che alla fin fine non sembra aver altro merito che conferire coerenza concettuale al discorso intrapreso di Wakeford. Anche se nello scorcio  finale dell'opera non possono essere ignorati un paio di episodi di grande suggestione, e mi riferisco a "The Lake of Bodies - Aqua  Morta" (sontuoso affresco sinfonico sporcato dagli arpeggi e dai cupi rintocchi elettrici della chitarra e del basso di Wakeford) e la sublime "In Europa", cantata da una magnifica Sally Doherty e di diritto finita fra i classici dei Sol Invictus dell'epoca.

Inutile dirlo: L'Orchestre Noir è un progetto che può interessare solamente i fan più incalliti dei Sol Invictus, ed in particolare coloro che hanno amato ed amano ancora in ogni sua sfumatura la battaglia irriducibile di Tony Wakeford su questo mondo. Per gli altri, un album di cui far tranquillamente a meno..

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