E con chi potevo cominciare le mie spero numerose (contenti?) recensioni, se non con uno dei miei nomi di battesimo di utente?
René Thomas, chitarrista jazz sublime, qui comprimario del bravissimo organista Hammond Lou Bennet, a nome del quale è intitolato il disco. Ma René qui è decisivo almeno quanto il band-leader.
René Thomas è, a trentuno anni dalla morte, ancora un illustre sconosciuto nel mondo degli ascoltatori di musica jazz. Degli ascoltatori, sì, perché tra i musicisti godeva di stima indiscussa, instradato allo strumento da un mito come Django Reinhardt, ed elogiato da giganti del calibro di Sonny Rollins (col quale ha inciso troppo poco), Miles Davis, Chet Baker e Stan Getz (che gli ha regalato negli ultimi anni di vita quel poco di notorietà che gode all'esterno del mondo musicale). René somigliava moltissimo a Jean Paul Sartre, occhiali spessissimi, scriminatura di capelli precisa, ma era belga, e in Belgio c'è un folto gruppo di patriottici appassionati che ne cura la memoria. Dopo aver lavorato nell'azienda paterna, decide di intraprendere la carriera di musicista professionista, e fu una scelta che non gli diede le soddisfazioni che meritava ampiamente. Una breve parentesi americana, e poi tutto il tempo speso in Europa tra Belgio, Francia, Italia, Inghilterra e Spagna, afflitto da seri problemi di droga. I manifesti dei concerti nei locali (visibili sul sito indicato) hanno la trionfante e malinconica affermazione "il primo chitarrista jazz al mondo"...ma per me è davvero così, fama quasi alla pari con quella di Pat Martino, l'altro mio nome, del resto!

Il disco, che porta data 1963 e reperibile su Internet con relativa facilità, è un vero capolavoro, concentrato inesauribile di swing e interplay tra i musicisti, i due già indicati e altri due sconosciuti: Gilbert Rovère al basso e Charles Bellonzi alla batteria. Ma gli sconosciuti riservano sorprese, infatti questa sezione ritmica - un po' anomala perché usualmente l'organo, secondo l'esempio di Jimmy Smith, copriva anche le linee di basso, come accade anche oggi - sprizza energia, solidità e fantasia sotto i due solisti ispirati e in stato di grazia. La timbrica di René è calda, sottilmente malinconica, melodica anche sui tempi più veloci con linee lunghe e mobili ritmicamente. Per un chitarrista come me è ammaliante immaginare i movimenti delle mani, per un ascoltatore non musicista la musica basterà a rapirlo su un mondo dove il sogno è realtà consapevole di essere sogno, poesia forte e nostalgica come nei due brevi interludi composti dal nostro eroe, intitolati "Indicatif", poco più di quaranta secondi di cambi di tempo, accordi fulminanti e melodie con venature orientali. Interludi che fanno da cornice a quattro cover tra cui la coltraniana "Moment's Notice" e tre brani originali dei due leader. Poco più di mezzora in tutto per spaziare dal bop alla bossa, dove René squaderna tutte le sue strabilianti capacità musicali, non meramente strumentali, con assoli travolgenti e momenti di intensa commozione.

Un vero genio della musica che ha scelto la chitarra per esprimere il suo amore per l'arte e la sua difficoltà di vivere. Di più non si può chiedere. Grazie René.

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