Siamo nel 1978, Lou Reed è ormai un artista affermato e conosciuto in campo musicale, vuoi anche per la grande quantità di lavori prodotti sinora: dopo il primo album omonimo (1972) dai toni scialbi, Lou viene accolto tra le braccia di "Papà" Bowie che lo fa diventare una grande star e lo aiuta a comporre quella pietra miliare del glam-rock che è "Transformer" (1972); in seguito il nostro si distacca dal glam-rock e svolta con un album dai toni molto deprimenti "Berlin", anch'esso una pietra miliare del rock. Poi è la volta del sufficiente "Sally Can't Dance" (1974), dell'avanguardistico "Metal Machine Music", con quattro lati contenenti ciascuno 16 minuti e 16 secondi di puro feedback; e non sono da dimenticare i live "Rock'n'Roll Animal" (1974) e "Lou Reed Live" (1975) che coronano questo primo periodo con la RCA.

In seguito Lou passa sotto le grinfie della Arista, ed in questo periodo sforna prima "ConeyIsland Baby" (1976), buon album dalle atmosfere vagamente bluesy, e poi il deludente "Rock'n'Roll Heart". A questo punto, sempre più accompagnato nella vita dall'eroina e dall'alcohol, pubblica questo "Street Hassle" (1978), lavoro molto controverso con canzoni che passano da un banale rock ad un suono sinfonico; lavoro in certi punti quasi spettrale, strano, con un Lou che canta in un modo mai sentito.

L'abum inizia con "Gimme Some Good Times" una canzone che riprende il riff, ormai famoso, di "Sweet Jane" stavolta rifatto da una sezione di fiati con un testo banale ed una melodia dai toni quasi patetici. Il secondo capitolo è "Dirt", un rock monotono ed incalzante in cui Lou da forse il meglio. Ora è la volta del capolavoro del disco "Street Hassle" una suite sinfonica di quasi 11 minuti divisa in tre sezioni: a-"Waltzing Matilda" accompagnata da un grande riff di archi e con un cantanto per così dire un po' "tremolante"; b-"Street Hassle", il tema qui è ripreso da un coro femminile a cappella ed in seguito vi è lo stesso riff suonato in maniera meno orchestrale; c-"Slipaway", capitolo finale introdotto da un recitato parlato (a opera di Bruce Springsteen) a cui poi si sovrappone il cantato dai toni melodrammatici di Lou Reed. Dopo questo capolavoro c'è il R&B di "I Wanna Be Black", buon arrangiamento e testo ridicolo; poi la sperimentale "Real Good Time Together" ed il frastornante rock di "Shooting Star". Il disco finisce con due buoni capitoli: "Leave Me Alone" con pesanti distorsioni accompagnate da una sezione di fiati (nel disco sempre molto presenti) e con un gran Lou alla voce, ed il congedo melodico di "Wait".

Un gran lavoro, non c'è che dire, ma pecca forse per la mancata continuità all'interno della track-list. Ma del resto un disco così ispirato è veramnete molto bello, uno dei migliori capitoli nella discografia dell'Animale del Rock'n'Roll.

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