"Il secondo album è sempre il più difficileeeeee..." diceva Caparezza. Eppure ascoltando quello dei Loudness non sembrerebbe proprio. Perchè "Devil Soldier" scorre molto liscio e naturale nel mio stereo. Un disco che è nato con lo scopo di confermare quanto di buono (tanto) è stato detto nell'esordio, ma che tuttavia è talmente sfrontato che sembra abbia stampata in copertina la dicitura "noi non dobbiamo dimostrare niente a nessuno". E invece dimostra che questa è una band sprecata visto che sia questo lavoro sia il precedente sono stati pubblicati solo in Giappone. Porca miseria, pubblicano montagne di spazzatura e questo validissimo disco no? Che amarezza! Ma forse è bene che questo sia stato ancora una volta un lavoro di nicchia, ha preservato questi giovani giapponesi lontano dalla megaproduzione americana fatta con lo stampino e dalle campagne pubblicitarie massacranti, li ha lasciati puri.

Come il loro heavy metal, lo stesso dello splendido esordio. Anche se dobbiamo sottolineare diversi cambiamenti. La produzione è straordinaria, se mi chiedessero come suonerebbe il mio disco classic heavy ideale non avrei dubbi: prodotto à la "Devil Soldier". Il batterista ha fatto passi da gigante, già era bravo ma in questo album si presenta solidissimo e fantasioso, nonchè dotato tecnicamente. Il basso è molto steveharrisiano, quasi un tributo al Dio delle quattro corde, non potrei chiedere di meglio per quest'album così dirompente.

Si parte a mille, roccioso stacco di batteria e sembra un pezzo dei primi Iron Maiden, naturalmente in salsa Loudness, con la voce che stavolta non sembra così sforzata, non riescoa capire se sia migliorata anch'essa oppure sono io che mi ci sono abituato. Crescita è la parola chiave di "Devil Soldier", nell'esordio non avrebbero trovato posto pezzi come "Angel Dust", dal ritornello melodico; oppure le schitarrate (che molto devono agli Ac/Dc del periodo "Let There Be Rock") in "Hard Workin'", accompagnate da una batteria per nulla scontata Nè tantomeno ci stava nel grezzo "Birthday Eve" la ballatona "After Illusion", un tantino prolissa, ma veramente epica ed evocativa, basata su un ritornello da cantare (o ululare, come fa il cantante dei Loudness) almeno una volta nella vita ed impreziosita da un guitar solo da brividi di Akira. Lo chiamo solo per nome, ormai Mr. Takasaki lo conosco bene, è un amico, mi sta regalando emozioni continue attraverso la sua chitarra ed io non posso che lodarlo e ringraziarlo. Anche lui è migliorato dall'esordio, la sua performance nella conclusiva titletrack è da lacrime, ai livelli di Rhoads in "Mr. Crowley".

In copertina l'uovo (il feto?) di cristallo che ci accompagna da "Birthday Eve" si è schiuso... Con questi genitori, la creatura crescerà benissimo.

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