Quando ero un giovanissimo speaker in una radio di provincia, ricordo la mia espressione scettica di fronte alla copertina di questo disco, una specie di ultima cena in cui i commensali sembrano nobili caduti in bassa fortuna e gente capitata lì per caso. Questo giudizio affrettato (del resto avevo solo 13 anni) rimane il mio primo ed unico errore di valutazione sui Love And Money.
Piazzato il vinile sul vetusto piatto Technics (i 1200 non erano ancora alla nostra portata), ecco la calda e rassicurante voce di James Grant che cominciava a raccontarmi storie di amori nati e morti sotto la densa pioggia londinese; storie intrise di disillusione per la raggiunta consapevolezza che non esiste la donna perfetta, forse proprio a causa delle proprie imperfezioni; storie di lui che sorseggia l'ennesimo China White appoggiato all'enorme lastrone dell'attico all'ultimo piano di un edificio pericolante, mentre la tipa fa nervosamente le valigie e le lacrime si mischiano al contorno occhi e al fondotinta, e nella mente riecheggiano le passeggiate pomeridiane a Camden Town fra piccioni che si alzano in volo e sassofonisti magari improvvisati ma che si trovano nel posto giusto al momento giusto con il loro cappello abbassato e rigorosamente con bretelle. Gli amori anglosassoni raccontati in musica hanno spesso un retrogusto intellettuale pressochè sconosciuto a noi latini, geneticamente abituati ai surriscaldamenti sanguigni e coronarici quando si parla di passione.
Qui la passione si esprime anche con una rosa rossa lasciata sul suo guanciale mentre lei dormiva, e via attraverso il temporale con un taxi che ci aspetta sotto casa e tassista pronto ad accendere una Dunhill senza filtro perchè ha già capito come ci si sente.
Emozioni intense e sfuggenti allo stesso tempo, quindi, e l'ascolto ci convince pian piano che siamo di fronte a un disco in cui ogni brano avrebbe potuto tranquillamente essere sfruttato come singolo, data l'alta orecchiabilità che per una volta non si accosta al concetto di easy listening, anche a causa della maniacale cura degli arrangiamenti che rendono ogni traccia una piccola ma preziosissima perla. Si nota nitidamente in questo caso la rassicurante presenza di Gary Katz, storico produttore degli Steely Dan, che al tempo suggerì ai L&M un trasferimento in massa negli USA per "americanizzare" lievemente quel sound che nel loro primo lavoro "All you need is..." appariva troppo Brit.
Si sente l'aleggiare di vari fantasmi che influenzano musica e testi di quel James Grant, voce e mente dei L&M, che con l'aria compassata degna del più ispirato William Shatner disegna spaccati di realtà a tutt'oggi rari da ritrovare. Fantasmi che portano i nomi di Donald Fagen ("Up escalator", "Razorsedge") e Blue Nile ("Strange kind of love"), passando per lo Sting di metà anni '80 ("Inflammable") e non disdegnando di strizzare l'occhio ai Toto ("Shape of things to come", "Walk the last mile"). A proposito di questi ultimi, la prima sorpresa prima ancora di ascoltare il disco la si ha leggendo il booklet e accorgendosi della presenza alla batteria del compianto (e stilisticamente perfetto) Jeff Porcaro, guardacaso ex Steely Dan ai tempi di "Pretzel Logic", che suona in tutti e dieci i pezzi (undici nella versione cd: "Scapegoat" infatti manca in vinile).
Testi graffianti, dicevo, che consiglio di tradurre per avere chiari in mente i concetti espressi da James Grant.
Giusto qualche accenno per rendere l'idea:
"Lei è come una fanciulla chiusa a chiave nella stiva di una nave che sta affondando... e nel retro della mia mente sento cantare il diavolo" (Strange kind of love)
"Vergogna, la tua coscienza ti prende ancora a calci, ma tu conosci molti modi per diventare insensibile al dolore. Bello l'ascensore che ti porta in alto, meno bello scoprire che vivi in un mondo capovolto" (Up escalator)
"Ciò che la luce si rifiuta di accogliere, viene abbracciato dalle tenebre. E io cerco sempre ciò che mi serve nei posti sbagliati. Infiammabile... ma è la mia speranza a bruciare" (Inflammable)
"Appari tu... e i sensi hanno il sopravvento" (Shape of things to come)
Insomma, una manna dal cielo per chi, come me, aveva pensato a una masnada di ubriaconi con l'aria dandy che come tanti negli anni '80 usciva con un disco spazzatura fatto per i teenagers e per i nostalgici del peggior Bryan Ferry. Sono felicissimo di essermi sbagliato.
Da ascoltare possibilmente di notte, in automobile mentre si ritorna a casa e si tracciano gli immancabili bilanci della propria vita. In estate accompagnarlo con Southern Comfort, in inverno a farlo ruotare continuamente basteranno i propri pensieri.
Brano migliore: Strange kind of love.
Ennesimo gridolino di denuncia contro il mercato discografico: questo cd l'ho acquistato a LIRE 4.900 dal catalogo Nannucci molti anni fa...
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