I Low rappresentano sicuramente il gruppo che più di tutti ha saputo dar vita al cosìddetto " slow-core", movimento caratterizzato da canzoni lente e dilatate, suonate in maniera abulica e depressa. L'album in questione è il loro indimenticabile esordio in formato LP, datato 1994. I mezzi impiegati sono ridotti, e quasi sempre l'asse portante sono i languidi accordi di chitarra, che si dipanano come fossero rintocchi solenni di un orologio dell'anima, creando a volte un'atmosfera quasi ascetica, di grande suggestione.
Il canto, sembra quasi una preghiera, tanto è raccolto e intimista. L' aria che si respira non è triste, non si avverte sofferenza, la sensazione è quella di una catarsi spirituale, di un cordoglio cosmico, timidamante disegnato dagli strumenti, autori di questo quadro esistenzialista.
Esempio fulgido di questa filosofia è l' iniziale "Words", delicata come una carezza, scivola via ogni volta senza averla gustata del tutto. "Slide", meravigliosamante cantata dalla batterista Mimi Parker, pare possedere una qualità più allucinata, data da una chitarra liquida e incantatrice. L'ipnotica "Lazy", fonda il suo fascino su di un tema circolare sempre di chitarra. "Lullaby" è il pezzo più lungo del disco, e se vogliamo anche il più "complesso". L' iniziale declamazione della cantante, quasi a cappella, cede via via il passo ad uno splendido tema funereo di chitarra, dal sapore vagamente psichedelico. Capolavoro, posto forse non a caso al centro dell' album.
La sognante "Down" è un' altra gemma di rara bellezza, così come lo straniante requiuem di "Cut". A congedarci ci attende la dolce ninnananna di "Sunshine", unico barlume di speranza, quasi un'elegia all'amore, commovente nella sua semplicità.
Disco di valore assoluto, merita di essere gustato nel più totale silenzio, del quale si potrebbe definire come ideale colonna sonora.
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