Nel 1987, quando esordirono i Lubricated Goat, un'altra stella comparve nel firmamento del rock underground australiano. Lo stravagante polistrumentista Stuart Gray, detto "Stu Spasm", fu il leader carismatico di questa bizzarra band oceanica. I Lubricated Goat andarono a inserirsi in quel filone di gruppi dediti ad un rock tanto apparentemente trasandato quanto, in verità, dotto e ricercato.
In questo loro sfolgorante debutto, "Plays The Devil's Music, Gray e i suoi complici dimostrano di saper far convivere quell'estetica del disgustoso tipica del punk e di tutto ciò che ne conseguì, con una solida conoscenza della musica tradizionale, nonchè di quella d'avanguardia. I Lubricated Goat di questo primo disco ripartono dai connazionali Birthday Party e dalla loro new wave selvaggia, malsana, necrofila, ma non si fermano al ruolo di meri epigoni del primitivismo di Nick Cave: nella seconda parte del disco, emerge infatti l'anima più folle, grottesca e surreale di questo combo, capace di riesumare Zappa, Residents e Chrome in arditi collage in grado di mescolare ironia e catastrofismo.
Ma i primi brani hanno ben poco di buffo: la ritmica martellante, opprimente, claustrofobica con cui irrompe "Jason The Unpopular" ci catapulta immediatamente in un incubo. Il brano si muove tra Scratch Acid e Suicide, con la declamazione demoniaca di Gray che lascia spazio, nel finale, ad un ossessivo tintinnio. La suspence di questo incipit si traduce in disperazione nella successiva "Beyond The Grave", la loro personale "Nick The Stripper", a passo da processione, scurissima, con un sottofondo di gocce che cadono da un rubinetto da riparare, chitarre molestate e uno squassante refrain apocalittico: solo i futuri Jesus Lizard riusciranno a mettere in musica con simile efficacia quel senso di angoscia e di orrore, così esasperato da lasciare pietrificati.
"Guttersnipe", un ferocissimo hardcore cacofonico, si riallaccia ai Feedtime, con una chitarra che deturpa in continuazione i più classici pattern tex-mex e boogie. Nel vorace rhythm'n'blues di "Nerve Quake" domina, di nuovo, la teatralità, l'espressionismo, il "grand guignol" di Birthday Party e Scratch Acid, ma verso la fine, un effetto elettronico sfocia in "Anal Injury" (nome che è tutto un programma) e qui ha inizio la seconda parte del disco, quella più perversamente zappiana: la colonna sonora di questo "infortunio anale" è resa da rumori di escrementi, messi allegramente a tempo di valzer e a suon di wah-wah. "Hornraiser" e "Goats And The Men Who Ride Them" sono due chiassosissimi swing, che si fanno faticosamente strada fra schiamazzi festaioli, deliri collettivi, fiati strangolati, timbri irriconoscibili e disturbi elettronici.
Ma il punto più alto di questa arte di montaggio, di stratificazione, di manipolazione, di illusionismo sonoro è probabilmente "Frotting With Ennio", un tip-tap in procinto di trasformarsi in marcetta, trascinato da un imbecille motivetto uscito da chissà quale strumento e sorvolato da desolati sospiri: questi Lubricated Goat non sembrano neanche lontani parenti di quelli tormentati che hanno caratterizzato la prima parte del disco. A metà brano si sente un uomo gemere: questa straniante convivenza di tragedia e comicità pone la band australiana sullo stesso piano di un gruppo a loro contemporaneo, anch'esso istintivamente portato al gusto del paradosso musicale, i texani Butthole Surfers.
"Can't Believe We're Really Making Love" e' l'ultimo sberleffo, parodia di Barry White e di tutta la black music più solare: finalmente Stu Spasm esce dagli inferi e si concede un meritato cocktail ai bordi di una piscina.
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