Luc Ferrari (classe 1929, scomparso nel 2005) è stato uno dei più grandi compositori del '900: un vero pioniere dell'elettronica, esploratore della musica concreta, fra i primi a cimentarsi nella pratica del field recording.
Partito dalle premesse concettuali poste in essere dall'arte di John Cage, Ferrari si rivelerà uno degli artisti più influenti della storia della musica del dopoguerra (ed in particolare per quanto riguarda lo sviluppo dell'elettronica), decretando nei fatti la nascita e la maturazione di molti artisti delle generazioni successive.
La sua musica verrà definita "aneddotica", proprio per la preponderanza della funzione narrativa che essa è chiamata a rivestire: nella vocazione di voler impiegare "oggetti sonori" colti dal "paesaggio sonoro", catturarli attraverso l'utilizzo di microfoni per poi rielaborarli in studio in un'ottica autobiografica, rinveniamo l'anticipazione di certe intuizioni che Eno svilupperà riguardo alla concettualizzazione della musica ambient.

 Il "Cycle des Souvenirs", concepito e realizzato negli ultimi anni di vita del compositore francese, va a rappresentare la summa dell'arte di Ferrari: un esperimento che intende sviluppare in tutte le direzioni possibili le intuizioni maturate in ben cinque decadi di onorata carriera.

 "Cycle des Souvenirs" nasce in realtà come un'istallazione multimediale dove ad interagire sono ben sei lettori cd e quattro videoproiettori; uno spiegamento di mezzi finalizzato a ricreare, attraverso la riproduzione di suoni e la proiezione di immagini, un ambiente tridimensionale capace di assumere le forme e le sembianze di un vero flusso di coscienza: una sinfonia di suoni ed immagini in grado di ripercorrere, modellare e far interagire ricordi legati alla vita dell'artista stesso.
Solo nel 2001 Ferrari avrà l'idea di trasmutare questa esperienza nel formato di un unico cd: mi soffermerò quindi suoi suoni, tralasciando le immagini, dato che sono quelli a comporre la sostanza di "Cycle des Souvenirs (1995-2000)".

 Ferrari concepisce sei fonti di suono da riprodurre in contemporanea, ciclicamente ed in maniera non sincronizzata, affinché le sovrapposizioni vadano ad essere via via sempre diverse, rinnovate ogni volta negli intrecci sonori e nell'incontro causale degli elementi: un po' come accade nella complessità della vita reale, dove le sensazioni che riceviamo dall'ambiente esterno sono il frutto dell'interazione casuale di svariati (infiniti) input.
Sei cd di circa 70 minuti ciascuno, quindi, dalla durata variabile proprio per garantire, nella riproduzione ciclica, lo sfalsamento di cui sopra.
Ogni cd viene pensato come la successione di quattro diverse classi di elementi sonori:

1) voci;
2) suoni registrati dall'ambiente esterno;
3) silenzio;
4) suoni armonici riprodotti in studio.

 Quanto al primo punto, Luc Ferrari pensa all'alternarsi di tre voci diverse (di donna per l'esattezza), parlanti ben tre lingue differenti.
Quanto al contenuto delle liriche, si tratterà di appunti presi nella quotidianità, stralci di diario, espressioni pescate alla cieca dal dizionario e chiamate ad ispirare poesie o componimenti: parole figlie del caso e di situazioni fortuite, potremmo dire.

 Punto secondo: i suoni catturati dall'ambiente "mondo" devono essere necessariamente in relazione con ricordi e vissuti dell'artista stesso. Non solo suoni e rumori legati a luoghi fisici cari al compositore (la via della casa dell'infanzia, il parco-giochi dove da bambino usava trascorrere i pomeriggi, la stazione del tram ad Amsterdam, le onde dell'oceano in Portogallo ecc.), ma anche suoni insignificanti, che magari nella sfera dell'Io cosciente hanno un ruolo secondario, ma che concorrono egualmente alla costruzione delle percezioni: suoni apparentemente vuoti di significato (il rumore di passi, il ticchettio delle posate, una porta che si chiude ecc.), ma dal forte contenuto simbolico.
E poi altro ancora: il rombare di un temporale, il cinguettare di uccellini, il fermento di un centro abitato, e perfino un tema pianistico di Thelonius Monk ("Mysterioso") a cui l'artista appare intimamente legato. Tutti elementi, questi, che in qualche modo vengono ad assumere una valenza principalmente psicoanalitica.

 Punto terzo: il silenzio. Naturalmente il silenzio è il silenzio, ma non si pensi che Ferrari ne sottovaluti il valore: le pause verranno così sapientemente calcolate e collocate lungo il trascorrere dei sei cd, in modo da dare, nelle sempre diverse interazioni, rilevanza ad elementi nuovi. Elementi che, messi a tacere nel ciclo precedente da altri evidentemente più "ingombranti", hanno modo finalmente di emergere proprio grazie alla concomitanza con un'oasi di silenzio.

 Punto quarto: la "musica". Ferrari fa sfoggio delle proprie capacità tecniche, destreggiandosi abilmente fra macchine, sintetizzatori e strumenti acustici. Per circoscrivere e dare un ordine alla stesura delle "melodie", l'artista si imporrà tutta una serie di regole (sul numero di toni da utilizzare, sulle combinazioni possibili di note), tutti accorgimenti che probabilmente non emergeranno nitidamente all'orecchio del profano, ma che si faranno sentire indirettamente nell'armonia e nell'eleganza che il lavoro nella sua complessità emana.

 Come è stato definito nei minimi dettagli un metodo che regoli la produzione stessa del materiale sonoro, allo stesso modo la dosatura e la collocazione dei quattro gruppi di elementi vengono matematicamente pianificate, proprio perché da un perfetto equilibrio di partenza possa scaturire una musica che nonostante la sua aleatorietà conservi un suo senso d'insieme (non frigge mica con l'acqua, Ferrari!).

 "Cycle del Souvenirs (1995-2000)" racchiude in un unico cd l'intera performance, un'opera di rielaborazione/riduzione del materiale che va ad incidere il meno possibile sulla resa originaria. Ferrari, dopo diversi tentativi, opterà per la riproduzione simultanea, facendo semplicemente partire in progressione i sei cd rispettando lo scarto di un minuto fra una riproduzione e l'altra. Il risultato è qualcosa di estremamente affascinante, sofisticato nelle costruzioni, elegante nella resa sonora, intrigante nella successione di suggestioni: sensuali voci femminili costellano partiture ambientali, ritmiche spezzate, rumori di ogni specie e fraseggi di elettronica minimale in un clima surreale, fuori dalle categorie dello spazio e del tempo, dove luoghi geograficamente distanti, vicende temporalmente lontane, prossime o remote, si fondono, sfumano, si abbracciano in un unico Hic et Nunc che non saprei altrimenti definire se non come una trasposizione in musica dell'arte letteraria di James Joyce.
Una esperienza di cui solo l'artista probabilmente potrà godere appieno, eppure in grado di trasmettersi egualmente gentile e fascinosa anche alle orecchie di noi testimoni esterni del mondo interiore del compositore francese.

 Non voglio dilungarmi oltre: il nome di Luc Ferrari è una garanzia. E se anche mi sono limitato ad elencare sommariamente alcuni dei dettami metodologici che stanno alla base del concepimento dell'opera, spero che attraverso questi vi siano essenzialmente chiari, od almeno intuibili, anche i contenuti, indescrivibili e soggetti alle più diverse interpretazioni.
Spero anche che la vostra curiosità sia stata un minimo stuzzicata, almeno quel tanto che basta per andare ad approfondire la conoscenza di questa figura leggendaria della musica del '900, a cui dobbiamo l'esistenza di artisti che oggi stimiamo, o addirittura amiamo, senza magari sapere sulle spalle di quale gigante si sono seduti per forgiare la propria arte.

 

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