"Wanderer" si intitola un suo brano per orchestra, ed è dunque il ritratto di un compositore in cammino, Luca Francesconi, quello offertoci da questo cd Kairos. Il brano di apertura, "Etymo", è scritto per voce di soprano, elettronica e un ensemble di 18 elementi. Brano complesso, ambizioso, perché non vuole limitarsi a essere una trasposizione musicale dei testi di Baudelaire qui usati, ma un organismo a più livelli che nei 25 minuti di durata dispone il materiale di base (fonemi, particelle strumentali, trasformazione elettronica) e poi lo aggrega in strutture via via più complesse.
Il pezzo è basato quasi tutto sulla poesia di Baudelaire Le Voyage, di cui in due momenti si ascoltano declamati dalla soprano due frammenti chiave: «Dites, qu'avez-vous vu?» (cosa avete visto? con le sillabe vous vu ripetute molto velocemente, il che crea un effetto sonoro di per sé) e «Et puis, et puis encore?» (e poi, cos'altro?). Questi frammenti sono il manifesto estetico del pezzo, la chiave di lettura di un compositore che vuole indirizzare lontano il suo sguardo (cosa avete visto?) alla ricerca di sempre nuove visioni (e poi, cos'altro?).
La densità vocale e strumentale è una caratteristica di Luca Francesconi (probabilmente derivata da Berio, di cui Francesconi è stato prima allievo e poi assistente): la si trova in "Etymo" (scritto nel 1994) come negli altri tre pezzi del cd, tutti e tre strumentali e con una durata di 14 minuti ciascuno.
Sonorità morbide e scrittura calligrafica in "Da capo" per 9 strumenti (1986), brano che da una grande irruenza iniziale muove poi verso uno ieratico rallentando. Grande abilità nello sfruttare le risorse di un limitato organico strumentale in "A fuoco", per chitarra classica e un ensemble di cinque elementi (1995). E poi, la sorpresa finale: "Animus" per trombone ed elettronica, anch'esso del 1995.
Strumento, il trombone, che in certe occasioni (Sequenza V di Berio) assume caratteristiche grottesche e iperboliche: qui Francesconi le ingigantisce a dismisura con l'ausilio dell'elettronica, trasformando il pezzo in un campionario di possibilità espressive che sembrano tratteggiare una mutazione caricaturale dello strumento così come del suo esecutore, imprigionato in una specie di polmone d'acciaio (d'ottone, in questo caso). Un pezzo brillante, sorprendente, di un virtuosismo sottile che spinge oltre il nostro sguardo (cosa avete visto?) e il nostro ascolto.
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