De André, Totti, Carnera, Bukowski. Vasche piene di squali. Xanax e caffè.
Musiche sospese tra rock e ballad.
Il nuovo album di Luciano Ligabue si dimostra fedele al passato senza rinunciare alla novità, e come qualità mi permetto di dire che forse è il migliore del post 2002, ovvero, a parere di scrive, l'ultimo sussulto della sua fase d'oro con "Fuori come va?"
Undici brani che creano un racconto unitario sul Noi, e sui suoi molteplici significati.
Le prime tre sono abbastanza omogenee. Così come sei ripesca un classico del Liga degli esordi, Salviamoci la pelle, mentre La parola "amore" e La metà della mela sembrano fare il paio.
La title track è più lenta ed una delle più riuscite del disco.
C'è poi un omaggio al mestiere con Musica e parole, ma la gemma è Una canzone senza tempo, ovvero per Luciano da Correggio ciò che per Massimiliano da Pavia è stata In questa città.
Quel tanto che basta si lascia ascoltare appunto quanto basta, e il disco poi sale nuovamente di livello con Niente piano B, ritmata e rockettara.
Chissà se Dio si sente solo fa pensare a Dio in cosa crede di Luca Carboni, un buon brano, Stanotte più che mai pure è un bel pezzo romantico con buonissimo testo, che fa da apripista a Riderai, la cavalcata finale che rappresenta anche tutto lo spirito dell'album.
Nella versione in Lp c'è pure Non cambierei questa vita con nessun'altra, uscita due anni fa e sorta di outtake e preambolo di questo nuovo progetto discografico di Luciano.
Luciano che, oltrepassati i 60, non gioca più a fare il rocker trentenne idolo delle masse e prova a scrivere cose più in linea con la sua età, sia musicalmente che testualmente.
Questa tendenza è visibile a partire soprattutto da "Mondovisione".
A questo "Dedicato a noi" piazzo le tre stellette, che mancavano al Liga proprio dal lavoro del 2013, e prima ancora dal 2002.
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