La vita molte volte è strana, il percorso che ogni individuo fa è diversificato rispetto a quello dell'altro, nella vita devi scegliere, ti trovi davanti a dei bivi o trivi o qualsivoglia incrocio e devi obbligatoriamente prendere una sola strada, quella strada che ti farà continuare: c'è chi fa la scelta giusta e chi sbagliata. Questo accade anche per la musica. Nella crescita di una persona il percorso musicale è importante, o almeno lo è stato per me e lo è.

Alcune pagine sono state chiuse, e non saranno mai più riaperte, molte cose sono state lasciate indietro, gli orizzonti musicali si sono allargati, insomma, sono cambiato musicalmente. Credo di aver avuto una crescita musicale, in fondo, buona. Nonostante il mio passato musicale molto ridotto, posso dire che negli anni io sia maturato ed abbia aperto gli occhi. Non rinnego il mio passato, anzi, lo ritengo parte integrante della mia vita e penso che, se non avessi amato gruppi e artisti che adesso non ascolto più, non sarei dove sono ora, non sarei quello che sono ora. La mia crescita musicale è stata diretta sempre più verso l'alto, sono cresciuto in positivo. Mi ricordo ancora i miei 10 anni, non ascoltavo molta musica oppure ascoltavo solo quello che passava la radio, la mia mente era come una spugna, serviva solo che scoprissi la musica che mi avrebbe conquistato. In quel lontano 2005, quell'estate di 7 anni fa, guardavo tanta tv e scoprii Ligabue. Sì, lo scoprii grazie al supertormentone "Happy Hour", in cui Fede Poggipollini rubò il famoso assolo di "Sweet Child O'Mine" dei Guns ... e fu il boom. All'improvviso i miei occhi si aprivano: quella canzone, così potente, così energica, nonostante adesso io la ritenga neanche sufficiente, addirittura mediocre, in quanto pezzo pop commerciale, mi aveva colpito l'anima e l'orecchio si era subito "sturato". Avevo dieci anni ai tempi e non potevo capire, non potevo avere una mente aperta, non potevo cercare oltre l'orizzonte, oltre quello che la tv proponeva. E quell'estate del 2005 segnò l'inizio di un'era musicale per me: l'era Ligabue. Quando uscì "Nome e cognome", nel settembre di quell'anno, io potevo essere già definito un fan di Ligabue, in quanto non facevo che ascoltarlo e oltre a "Happy Hour" adoravo i "supersingoli" (quelli che la tv passava insistentemente) "Il giorno dei giorni" e "Le donne lo sanno". Con il senno di poi, con gli occhi più consapevoli, mi rendo conto di quanto mi accontentassi di poco, ma, come già detto, avevo 10 anni e non potevo capire.

Insomma, in quel lontano settembre del 2005, comprai l'album "Nome e cognome". Non so quante volte io lo abbia ascoltato, semplicemente troppe. L'"Intro" poco importava, quando partiva "Il giorno dei giorni" la mia mente partiva e io cantavo a squarciagola. Non un momento di pausa, "Happy hour" doveva ancora venire. Quel tormentone che adesso non posso neanche più sentire era qualcosa di potente per me. Rilevanti nell'album per me sono state "Le donne lo sanno", "Vivere a orecchio" e "E' più forte di me", quest'ultimo uno dei pezzi che amavo di più: ricordo ancora le parole (nel bene nel male, nell'occhio ciclone, nel male nel bene, finché morte non vi separi). L'album si chiudeva con "Sono qui per l'amore", una dolce canzone in cui il Liga ci spiega quali siano le cose per cui lui ci sta, le cose a cui tiene, cose che puoi trovare nella quotidianità.

"Nome e cognome" è un album modesto, sufficiente, non penso che meriti più del 6/7: preferisco di gran lunga i primi lavori dell'artista emiliano. È stato importante per il mio percorso musicale ed è uno di quegli album che non riprenderò più in mano e che non ascolterò più. Ora ho diciassette anni e la mente più matura, ho saputo fare scelte migliori con il tempo, ho allargato gli orizzonti musicali: ormai il cantante reggiano non conta niente per me rispetto a Led Zeppelin, Pink Floyd, Genesis, Queen, King Crimson, ecc... Ligabue è stato colui che mi ha introdotto nel mondo della musica, come Virgilio che conduce Dante fino al Paradiso.

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