Ci sono tanti tipi di esordi. Sfigati, sottotono, eclatanti, strani, mondiali, provinciali, autoprodotti o indipendenti. In genere dopo viene la conferma, buona o cattiva a seconda dei casi. Poi si diventa qualcuno, o si viene definiti "meteore".

Non so come definire i Luciferme. Questo è il brano d'esordio, datato 1997, molto italian rock style. I Litfiba di Pelù impazzavano e monopolizzavano l'attenzione, stravendevano a scatola chiusa cd discutibili come "Mondi Sommersi" (di sicuro lontani anni luce dallo stile di "El Diablo" o "Terremoto"), a loro il merito di aver aperto la strada a chi non intendeva usare l'inglese per esprimere un buon rock, sdoganando la lingua italiana da un'atavica tradizione melodica alla nel blu dipinto di blu. I Luciferme forse sono figli del coraggio di Piero & Ghigo, in quanto proponevano un bel sound, arrangiamenti di livello, bei chitarroni, con quella vecchia volpe di Marroccolo (proprio lui, i C.S.I.) a produrre e supervedere. Questo è "Ad Occhi Chiusi", rock italiano nel vero senso della parola, cantato con voce calda, echi, riverberi, chitarre e tutto quello che serve per uscire in una scena in quell'anno dominata da Nek, la Pausini e Max Pezzali. Il cantante Francesco Pisaneschi è anche l'autore dei testi (qui come nel resto dell'opera che seguirà), assolutamente da non sottovalutare, in quanto tutta la lyric si impianta alla grande nella base, permettendo di dare spazio alla voce con invenzioni di stile assolutamente piacevoli. Tratta lo strausato tema della libertà ("Voglio salire ancora finchè potrà il cuore mio battere le sue ali e lascia che il vento soffi e apri le ali al sole") con parole intime, parlando di sè stesso in prima persona. Le radio si accorsero di loro e ottennero discreti passaggi (ma non mi ricordo niente di trionfale come è scritto nel loro sito ufficiale), diventando la spalla di Biagio Antonacci (sic).
Io li ricordo e non li ricordo, in quanto è stato col secondo lavoro dell'anno dopo che li ho scoperti in pieno, una mattina mentre andavo a scuola e dall'autoradio dei marocchini (solo io potevo possedere un tale reperto) posizionata in una macchina altrettanto pittoresca (tale era il suo stato di conservazione), una voce suadentissima mi sparò la storia di un pegaso dorato direttamente nel cervello, svegliandomi dal coma mattutino e spingendomi a chiedermi "Kikazzè????". Non era Pelù, come sembrava, ma i Luciferme. Sembrava certamente qualcosa di già sentito, ma "Il Soffio" (presentata a Sanremo con risultato immagino tragico, non ricordo) colpiva per quello che era, una semplice base rock, con un semplice giro di chitarra, dove era il cantato a farla da padrone, roco, sensuale e potente come solo il miglior Piero poteva essere. Pezzo intenso dal testo onirico, veramente da brividi il finale. L'album che lo conteneva era "Cosmoradio" e ricordo che cercai di sfilarlo alla mia amica danarosa che si comprava tutti i cd originali, ricavandone solo una cassetta registrata (sfigata). Già l'album in toto rivelava una certa debolezza, una carenza di idee generali in cui i Luciferme sembravano essere caduti nello sforzo di dimostrare quanto non fossero i Litfiba (non riuscendoci peraltro)...

Risultato? Meteore!!! Spariti. Cioè, ritornati nel limbo delle band da live pub, non più passati in radio, non più spalla di nessuno. Altri cd, altre idee (forse) buone, ma non più ribalta di grande pubblico. Mentre Pelù è ancora lì ad imitare se stesso, questi cloni sono evaporati, continuando a produrre cd passati assolutamente sotto silenzio. Completamente morti dal 2004, anno dell'ultimo lavoro. Peccato, non sarebbe guastata un pò più di varietà, probabilmente uscendo qualche anno dopo avrebbero raggiunto la visibilità senza sputtanarsi in imitazioni troppo smaccate per convincere.

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