Giorno 5 ottobre 2019, decido di scrivere qualcosa su debaser ma ancora non so cosa. Pensavo di scrivere di Jannacci, ma non sapevo quale album scegliere. Poi pensai di scrivere di Elio ma la prima e ultima volta non andò molto bene. Poi, l'illuminazione: i dischi bianchi! Quei dischi del cantautore nazional- popolare per eccellenza che uniscono testi complessi a musiche elettroniche e altrettanto complesse. Così, per riportare a galla questi piccoli gioielli sul Deb. E cominciamo dall'inizio, dal primo dei cinque, dal più aperto e meno elettronico di tutti. DON GIOVANNI.

Da dove cominciare? Beh, dal primo pezzo no; e "Le cose che pensano" fu. Il pezzo è bellissimo, ha una musica dolce che si mescola quasi perfettamente a un testo che è si dolce ma anche amaro a tratti, insomma un bijou. Bello il sax iniziale, bella la musica, ma il difetto di "Fatti un pianto" è il testo: non me ne vogliate ma io il testo di questa canzone non l'ho mai apprezzato a pieno, sarò io che sono scemo? Non lo sapremo mai, purtroppo. "Il doppio del gioco" lo adoro: la musica ha dei giri di basso che fa venire la pelle d'oca e il testo è bellissimo: una specie di storia d'amore tra una ragazza e un'ex agente segreto, quindi FIGATA. Ma ora veniamo al sodo: "Madre pennuta", cosa minchia è? Il testo è forse uno dei più criptici di Panella e la musica è qualcosa di inumano: parte con echi elettronici e a un certo punto diventa una cosa tribale; insomma bello anche se non si capisce un cazzo. In "Equivoci amici" Panella non si controlla più, tra chi fa le more, chi va all'estro e chi mette plancia viene fuori un pezzo completamente fuori di testa dove la musica accompagna questo calderone di giochi di parole. E così, a ciel sereno, arriva il punto più alto del disco, la title track: "Don Giovanni". Il testo è magnifico e la musica è leggere come se non volesse disturbare troppo le parole; uno dei pezzi migliori dei dischi bianchi. Troppo sottovalutata invece "Che vita ha fatto", il pezzo più classico del disco: è bellissima, il testo è minimale e la musica è fantastica con archi, trombe e un basso mostruoso che rendono il tutto qualcosa che, almeno nei dischi bianchi, non ricapiterà più. E si conclude con "Il diluvio", un'operone di sei minuti che unisce strumenti e parole in qualcosa di magnifico, la degna conclusione di un disco bellissimo.

Don Giovanni lo apprezzo particolarmente, unisce quasi perfettamente il mondo cantautorale e la new age andando a formare qualcosa che io sinceramente non sento in questi ultimi anni. Quindi, se non si fosse capito, consiglio l'ascolto del disco. Ah, ci rivediamo quando L'APPARENZA inganna

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