Ovvero: i cosiddetti bianconi.
Gli incomprensibili. I dischi dell’era glaciale. La caduta, il volo pindarico, il crollo, l’aquila e il piccione. Gelati e poi rane. E chi più ne ha più ne metta. Quest’operazione va valutata, o può esser valutata, da molti punti di vista.Cominciamo.
È una paraculata ? E’ opportuna ? Ne valeva la pena ? Neanche per sogno… ? E’, in sintesi, la risposta alla medesima operazione realizzata negli ultimi anni da quel mercante nel tempio che porta il nome di Mogol ? Tutte domande difficili. Proverò a dire la mia. È comunque un brutto segno. Chi ha amato (come me alla follia, ma anche con moderazione del buon padre di famiglia come alcuni altri) l’opera “panelliana” e i bianconi, già li conosce, e certamente non se li ricompra per quei pochi versi, oltretutto piuttosto decadenti e banalotti, aggiunti da Panella nella libretta dell’opera. Chi non conosce quest’opera, invece, magari l’avrebbe apprezzata con una raccolta introduttiva, non con un cofanettone che, oltretutto, infilza i cinque dischi uno di fila all’altro come carne allo spiedino, condensandoli insensatamente in tre.
Ma una raccolta dell’opera pseudo-ermetica di Lucio era possibile ? Francamente ritengo di no, e mi stupisco un po’ che ci siano arrivati anche loro (famiglia e discografici). Anzi: no. Per la famiglia non mi stupisco. Questi scudieri dell’austerità, del rigore del maestro, sono sempre stati tanto mosche bianche quanto di fondo assolutamente apprezzabili per la propria coerenza (non c’è più niente di più triste di una vedova, si chiami pure Dori Ghezzi, che ravana nei cassetti di famiglia in cerca di nastri e foglietti…). E allora era meglio ricostruire l’opera così com’era, magari confezionandola con lo stesso disegno di copertina (che non è male) ma mettendoci dentro i cinque dischi così come li aveva voluti Lucio, senza testi (tranne Don Giovanni) e con i disegnini davanti in scala 1/1 (Lucio aveva anche fatto ritirare una partita di copie di “Don Giovanni” poiché gli avevano ridotto il disegnino… figuriamoci qual’era la sua meravigliosa elasticità…). Dunque, una concessione a metà, un cedimento a metà, una paraculata a metà. Un non senso, dio buono. E perché… ? Chi lo sa lo dica.
Questa è arte che tirava su poca lira allora, quando c’era il pensiero… figuriamoci adesso, coi figli concentrati nell’inane opera di tradurre i difficilissimi testi degli zero assoluto ed i padri divanizzati a ridere davanti a zelig. Un’opera inutile che brillerà per la propria inutilità e ritroveremo negli scatoloni dei supermercati col 40% di sconto. Quindi si è puttaneggiato in perfetto stile Mogol ? Direi di no. Il mercante del tempio ha infilato qualche inedito (col demenziale benestare della famiglia, probabilmente) nei due doppi di recente pubblicazione. Istigando così il feticista all’acquisto ed il probo al download, possibilmente abusivo. Qui non c’è una nota inedita. Neppure “Il Gabbianone”, che è perfetto e pronto per essere pubblicato, anche alla luce del non trascurabile fatto che è bellissimo. Ma è meglio che l’inedito ci sia o no… ? Personalmente su Lucio talebaneggio, e preferirei che la sua opera non venisse toccata, né dai discografici, né dai famigliari, né da tutti quelli che, magari perché l’han visto una volta al supermercato, si sentono in dovere di pubblicare le sue cover. Sono talmente talebano che nel mio intimo forse detesto anche quest’articolo.
Comunque, ragazzi, lì dentro ci sono i cinque “bianconi” (che poi uno era marroncino… vabbè… ) e il fatto che se ne paghino tre è forse l’unico tristissimo (e fallace) motivo della sua esistenza.
Carico i commenti... con calma