Scritti nel 1785, all'età di quindici anni, i 3 Quartetti per Pianoforte, Violino, Viola e Violoncello WoO 36 completano la prima fase di maturazione del Beethoven del periodo Bonn.
Con questi tre lavori siamo di fronte ad un'opera meno compiuta rispetto alle ancor più giovani composizioni che la precedono, in particolare le 9 Variazioni per Pianoforte WoO 63, le 3 Sonate per Pianoforte WoO 47 (già recensite su queste pagine) e l'abbozzo di Concerto per Pianoforte e Orchestra in mi bemolle maggiore WoO 4, che si può ascoltare in CD nella ricostruzione di Willy Hess.
Lo stesso Beethoven era consapevole di aver scritto nient'altro che musica di consumo, tanto da decidere di non pubblicare questi Quartetti, spinto anche dal consiglio del suo insegnante di violino Franz Ries ed in coerenza con il severo giudizio che manterrà per tutta la vita in merito a quali dei suoi lavori fossero effettivamente degni di essere presentati al pubblico.
La recensione e l'interesse per questi lavori giovanili potrebbe, di fatto, finire qui. L'approfondimento è comunque consigliato sia a chi ha familiarità con le opere più mature del compositore, in special modo le Sonate per Pianoforte, sia a chi ha la curiosità di approfondire i personali processi compositivi del Maestro, pur in presenza di un ombra maestosa come quella di Mozart che lo accompagna in gioventù.
Tutti e 3 i Quartetti sono intrisi di brevi indizi musicali, idee melodiche o spunti armonici, non sempre facilmente individuabili, che si ritroveranno in molte Sonate per Pianoforte, come quelle dell'opera 2, della Patetica o della Sonata quasi una fantasia op 27 n. 1.
Come si diceva, quindi, un "laboratorio", un insieme di materiali di studio mai dimenticati in quanto validi e che riaffioreranno nella memoria del compositore adulto, combinati però in una forma e in una sostanza ben diversa.
Questo carattere di incompiutezza emerge palesemente da tutti e 3 i Quartetti, a partire dal primo, in mi benolle maggiore, in cui e assente una coesione cameristica, a causa della prevalenza del pianoforte rispetto al "tutti", con gli archi a sostenere la parte melodica. Il contrasto emerge anche tra la forte tensione espressa nell'"Allegro con Spirito", in seconda posizione, e il carattere leggero delle variazioni che chiudono l'opera, anche queste caratterizzate dal prevalere del solista, pianoforte, violino o violoncello che sia.
Il Quartetto in re maggiore WoO 36 n. 2 presenta una struttura formale più complessa ed articolata, ma non sfrutta appieno le potenzialità dell'insieme, facendo emergere con troppa evidenza la disarmonica "lotta" tra pianoforte ed archi, con il primo non a dialogare con i secondi ma piuttosto a sovrastarli.
Sicuramente più interessante il Quartetto in do maggiore WoO 36 n. 3, che dimostra una maggiore impronta stilistica beethoveniana, riconoscibile anche e soprattutto nel tema dell'Adagio che passerà, con piccole variazioni, nel corrispondente tema della Sonata op. 2 n. 1 (sample).
Poche le edizioni di riferimento in CD di questi Quartetti. Buona sicuramente la prova dei membri dell'Amadeus Quartet con Christoph Eschenbach al pianoforte, anche se l'incisione non recente si rivela carente nella brillantezza e nella collocazione spaziale degli strumenti, risultando decisamente poco audiofila.
Membri dell'Amadeus Quartet (archi), C. Eschenbach (pianoforte), T: 59'28, Deutsche Grammophon, 1969, ADD
Carico i commenti... con calma