La Tosca è un film di Luigi Magni del 1973.

Il film si ispira non già alla celebre opera di Puccini ma al dramma omonimo scritto nel 1887 da un francese, Victorien Sardou, al quale tra l’altro la stessa opera lirica, che uscirà solo nel 1900, si ispira.

La Tosca del Sardou, così come il film del Magni, si svolge nella Roma del 1800, durante la battaglia di Marengo e narra in tre atti la Storia , l’Amore e l’Avventura.

L’opera è ricca di dettagli storici e folkloristici della Roma di quei tempi ed è talmente precisa e calzante nel descrivere quella Roma, quel popolo, da aver fatto storcere il naso ai critici del tempo, i quali, scettici, non potevano credere che un francese avesse rappresentato così bene quell’epoca, quella gente e quei luoghi, a lui stranieri.

Luigi Magni è stato un grande regista italiano, probabilmente sottovalutato o, quantomeno, non gli sono stati attribuiti pienamente i meriti che gli spettavano. Non è dunque un caso che qua sul Debaser, non ci siano recesioni di film suoi e lui stesso non sia stato definito.

Nessuno come lui ha rappresentato così bene la Storia di Roma a cavallo tra il 1800 ed il 1865. Magni era assai colto in materia, avrebbe potuto tranquillamente insegnare alle università, la storia di Roma di quel periodo.

In tutti i suoi film - romani - “Nell’anno del signore”, “In nome del Papa Re”, “In nome del popolo sovrano”, si percepisce nettamente l’impegno sociale e la denuncia contro il potere, soprattutto ecclesiastico, Magni era ateo e comunista. Nei suoi film il popolo viene soggiogato e schiacciato dal potere ma il suo invito alla ribellione è totale. Tutti i suoi protagonisti saranno dei ribelli, dei rivoltosi, dei nobili d’animo nel senso più alto del termine e spesso pagheranno con la vita la difesa dei loro ideali ma non piegheranno mai la testa.

La Tosca è, a parer mio, il suo capolavoro all’interno di questo filone della Roma papalina del XIX° sec.

Il cast è ai massimi livelli:

Aldo Fabrizi: è il Governatore. La sua interpretazione è clamorosa. Fabrizi, in vecchiaia, qua ha 68 anni, trasfigurato dalla mannaia degli anni, con quelle gigantesche borse da rospo sotto gli occhi, grasso, con la voce sempre più strascicata. Nel prologo del film è il mattatore assoluto ...un Ave un Padre e un Gloria po’ fa’ cambià la storia. Dal del tu al padreterno col quale fa qualche discorsetto, ora lo invoca, ora lo rimprovera bonariamente…

Gigi Proietti: È il pittore Mario Cavaradossi. È lui che nasconderà il giacobino Cesare Angelotti, dalle grinfie del Barone Scarpia. È lui l’amante di Tosca. Un Proietti all’epoca trentatreenne era già un attore affermato, magari più al teatro che al cinema, ma in questo film, che è anche una commedia musicale, tutte le sue doti istrioniche emergono nettamente. Passa con disinvoltura dalla recitazione al canto, dalla commedia al dramma. Un grande talento è fuor di dubbio.

Umberto Orsini: è Cesare Angelotti, rivoltoso giacobino. Orsini nel ’73 era all’apice del successo, grande attore cinematografico e teatrale e protagonista di sceneggiati italiani negli anni ’60 (a proposito, recuperateli, sono dei capolavori).

Monica Vitti: è Floria Tosca. Lei è una cantante estremamente devota alla religione e perdutamente innamorata del Cavaradossi. In realtà è travolta dalla passione amorosa, quella dei sensi, sì insomma sembrerebbe più interessata all’amplesso carnale che non all’amore inteso nel senso più alto del termine. Cosa dire ancora della Vitti? È stata probabilmente la più grande attrice italiana dell’epoca, nel ’73 ha ormai 42 anni si è fatta notare in film che hanno fatto la storia del cinema italiano. I suoi duetti con Cavaradossi ...mì madre è morta tisica sono impagabili, per non parlare della scena finale nello studio del Barone Scarpia.

Vittorio Gassman: è il Barone Scarpia. Ferocissimo commissario al servizio della chiesa. Castigamatti, torturatore, massimamente determinato, senza pietà alcuna. Ennesima prova di un attore immenso, qua 51enne. Magnifico negli abiti dell’epoca, capisce subito che Cavaradossi nasconde Angelotti e inizia la sua caccia implacabile. Una curiosità: Scarpia è esistito veramente e si chiamava Sciarpa. Era un semplice commissario di borgata. Il suo sogno era quello di entrare a far parte del corpo di polizia del Papa Re ma non ci riusciva. Divenne così sempre più feroce e implacabile finchè non fu “notato” dal clero che fu lieto di schierarlo tra le sue fila…

Un capolavoro, dicevamo. Si rimane sbalorditi di fronte ad un lavoro simile. Gli attori talvolta parlano in rima, oppure cantano. I costumi e la scenografia sono meravigliosi. Le musiche e le canzoni di Armando Trovajoli con i testi suoi e dello stesso Luigi Magni sono indimenticabili. Quando Proietti canta Nun je da’ retta Roma è forse l’apice del pathos drammaturgico del film. I dialoghi sono straordinari, incalzanti. Di rilievo anche l’interpretazione del grande Florenzo Fiorentini, il Brigadiere Spoletta, uno degli sgherri del Barone.

A tutto questo si aggiunga il grande messaggio del Magni che invita a non piegarsi di fronte al potere, a tendere sempre verso la Libertà che ...un uomo non è come un cane, non deve avere padroni.

Ed è solo in nome della libertà e dello spirito di sacrificio che perfino l’Arte e l’Amore si sublimeranno. Solo allora avrà senso la storia d’amore tra Tosca e Cavaradossi. Lei lo capirà solo alla fine, lui prima, quando verga con una grande croce bianca il suo dipinto, bello quanto si vuole, ma privo di significato.

Il film, nonostante sia a dir poco eccezionale, non ebbe successo. Forse fu osteggiato dai poteri forti o forse non fu capito chi lo sa. Provate a vederlo, provate a capirlo.

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