La città è lontana. Me ne giunge, a volte, nella calma del vespro, il suono delle campane. Ma ora quelle campane non le odo più dentro di me, ma fuori, per sé sonare, che forse ne fremono di gioja nella loro cavità ronzante, in un bel cielo azzurro pieno di sole caldo tra lo stridìo delle rondini o nel vento nuvoloso, pesanti e così alte sui campanili aerei. Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, perchè muojo ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi: vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori.
L'analisi della personalità umana in questo romanzo si fa più profonda e complessa rispetto alla visione - per esempio - che Pirandello ci forniva in "Ciascuno a suo modo": non sono più una serie di maschere occasionali a caratterizzarci ogni volta a seconda delle situazioni, bensì una moltitudine di Io diversi all'interno di noi stessi. Noi siamo Uno, perchè siamo sempre la stessa persona, siamo Centomila, perchè rapportandoci con ognuno ci comportiamo a seconda di come quella determinata persona ci vede, siamo Nessuno, come conseguenza della nostra molteplicità. Questa crisi di identità viene scatenata da un'affermazione di Dida sul naso del marito, Vitangelo Moscarda detto "Gengè": Caro, che fai, guardi da che parte ti pende il naso?
In Moscarda nasceranno una serie di pensieri che lo porteranno sull'orlo della follia (secondo l'Uno o i Centomila?), deciderà di distruggere le sicurezze degli altri sul suo conto, comportandosi nelle maniere più imprevedibili, incomprensibili agli occhi dei Centomila. Moscarda rifiuterà ogni suo Io, alienandosi dal mondo e - ben più importante - da se stesso. Tutte le cose che lo tenevano fermo al suo posto in un mondo dall'ordine prestabilito le brucierà lui stesso, andando addirittura a tentare di scacciare via la fama di usuraio aleggiante intorno alla sua figura.
Quando parliamo di uno scrittore del calibro di Pirandello bisogna sempre abbassare la voce e stare attenti che nessuno ci stia ascoltando, tanta è la carne al fuoco. Quello che è il tema della spersonalizzazione dell'individuo della società moderna, tanto caro agli scrittori post-moderni (Joyce, Kafka, Svevo, tanto per citare tre nomi da discussioni al bar), viene affrontato con quel misto tra ironia e tragicità che trasmette sensazioni contraddittorie e reali insieme, una visione tanto lucida quanto distorta di chi ci sta intorno, fornita su un piatto di perfezione stilistica e fluidità narrativa davvero invidiabili.
Un libro non per tutte le età, ma sicuramente per tutti. Vi aprirà gli occhi su chi siete e chi siete per gli altri. Vi aiuterà a rivedere la vostra posizione sociale. Vi farà capire se siete importanti per qualcuno. Sempre che la coscienza di Centomila altri non ve lo impedisca.
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