BORGHESIA MON AMOUR

Sei personaggi in cerca d'autore continuano a camminare, con passo deciso, per una desolata strada di campagna. In direzione ostinata e contraria al ripetersi circolare di un rito, tanto semplice quanto complicato: prendere posto a tavola e consumare le portate in sacrosanta pace. L'ambasciatore Don Rafael (l'attore feticcio Fernando Rey), i signori Thévenot e la giovane Florence hanno un appuntamento per cena nella villa dei coniugi Sénécal. L'invito era per la sera successiva, e allora le amabili canaglie si dirigono stoicamente nella trattoria più vicina. Accolti da una veglia funebre, se ne andranno: tutto sbagliato, tutto da rifare. Ma la rappresentazione bunueliana degli atti e piatti interrotti si dissolve nell'utopia, e il rituale gastronomico rimane sospeso tra sogno e realtà, eccessi personali e perbenismo di facciata. Luis Bunuel, da vecchio anarchico iconoclasta, usa l'allegoria con il saggio e lucidissimo distacco di chi ormai guarda questo mondo malato dalla luna. E si contrappone al simbolismo, spesso oscuro e indecifrabile, con il significato allegorico ( chiaro e per nulla contorto) del proprio surrealismo visionario. Nel grottesco incedere degli eventi, che porteranno ripetutamente a fallire l'agognata cena del gruppo borghese (raptus erotici, un battaglione di soldati, polli di plastica), il maestro spagnolo spolpa le regole del verosimile, di progressione spazio-temporale, in un crescendo onirico e fantastico che unisce Karl Marx a Freud.

"Tu mi consideri una carogna, vero? Io sarei anche socialista, se i socialisti credessero in Dio."

L'estenuante tentativo delle due famiglie di terminare un pasto, anche quando i commensali sembrano sul punto di farcela, s'interrompe clamorosamente a causa di qualcuno o qualcosa; e insieme alle crepe profonde della società borghese l'occhio feroce di Bunuel sgretola uno ad uno i suoi potenti pilastri: il potere politico, la Chiesa, la polizia e l'esercito. Attraverso uno sguardo ironico e lieve vengono demoliti tutti i meccanismi e luoghi comuni della commedia, compresa la classe che l'ha creata. Scena chiave il sogno\incubo a casa del colonnello, il cibo è finto e la sala si rivela la quinta teatrale di un palcoscenico dove i sei personaggi sono costretti a recitare sempre lo stesso, comico atto. Bunuel rende plausibile l'ambiguo alternarsi di magia-realismo soprattutto con gesti e interpretazioni del quotidiano, evitando di replicare il reale circostante ma preservandone l'idea sostanziale. Infatti se irrompe l'esercito e siede innocuo a tavola, con borghesia e clero, è soltanto il ritrovarsi di vecchi amici, di alleati storici. Finché non arrivano dei gangster armati di mitra in sala da pranzo, e ammazzano tutti appena sono annunciate le gustose portate: ecco gli incubi borghesi, morire mentre si sazia la fame di consumismo. Simpatico e degno modo di concludere un film.

Il Fascino Discreto Della Borghesia, girato in Francia nel 1972, riuscì ad aggiudicarsi l'Oscar come miglior film straniero, e ottenne la candidatura per la miglior sceneggiatura originale (quarta collaborazione del 72enne Bunuel con Jean Claude Carrière, dopo Bella Di Giorno e La Via Lattea). Oltre il barbuto Rey, nel cast spiccano il ministro Michel Piccoli, gli amichetti Paul Frankeur, Delphine Seyrig, Jean Pierre Cassel, Stéphane Audran e la giovane cameriera Milena Vukotic. Il consolidato equilibrio classista si disgrega, qualcuno ha pisciato sullo Chateau d'Ax in salotto, e rigato allegramente la fiancata blu della tua familiare tedesca parcheggiata nel viale. Intanto sei personaggi in cerca d'autore continuano a camminare, con passo deciso, per una desolata strada di campagna.   

Carico i commenti...  con calma