E' difficile, troppo difficile scrivere di questo album. Per lo meno senza cadere in giudizi partigiani o in omissioni terribili. Non sono mai stato ferrato nel buttar giù recensioni bibliche ma, di fronte ad un lavoro biblico, cercherò di fare del mio meglio senza addentrarmi in quegli anfratti che, da non musicista, non comprendo o non percepisco nella loro integrità.

I Lycia sono una realtà nata verso la fine degli anni '80. Con album quali "A Day in a Stark Corner" e "Ionia" , i nostri hanno ridefinito le coordinate del gothic dopo la sua stagione più florida. I membri erano, e sono tutt'oggi, Mike VanPortfleet, David Galas e l'allora debuttante Tara Vanflower.

Quello dei Lycia è un suono che tanto deve a Dead Can Dance e Cocteau Twins, ma anche allo Shoegaze, al Dream Pop e a certe cose dei Pink Floyd. Dopo due capolavori come quelli citati qualche rigo sopra, ecco un altro pilastro della loro discografia.

Non un album singolo ma un doppio! E che doppio!

In questa sede le chitarre acustiche e il basso rivestono un ruolo di rilevante importanza rispetto alle opere passate. Anche se, ad onor del vero, le tastiere continuano a far la parte del leone. Più di un'ora di glaciale, stordente, soave, paradisiaco e infernale incedere melanconico. Non una nota fuori posto. Non un episodio che annoi l'ascoltatore.

Pubblicato nel lontano (almeno per me) 1995 , questo "The Burning Circle And Then Dust" rappresenta la summa di un genere che ai tempi era dato per spacciato. Registrato nel deserto dell'Arizona, il doppio album in questione ben esprime una sensazione di desolazione ma al contempo di limpida libertà.

Con The 3rd and the Mortal e Black Tape For A Blue Girl, i Lycia hanno rinnovato quel dark sognante che tanto ha dato negli anni '80. Aggiungendo ad esso un tocco di psichedelia spaziale e rarefatta.

Carico i commenti...  con calma