Deicide? Al largo! Necrophagist? Macchè. Nile? Quasi, ma siamo ancora lontani.
Questi "Lykathea Aflame", band composta da quattro poveri ragazzi cechi - della repubblica, non dell'occhio - che, bistrattati da critica, pubblico e tutto quanto, non sono sopravvissuti che un anno, per poi riformarsi un anno dopo - pochi mesi fa - con nuovo nome (Lykathè) e nuova line-up.
Questo cd è una mazzata in pieno petto, un cd che unisce quel brutal death di scuola Nile a certe tematiche poco ortodosse. Il tema centrale è il viaggio spirituale, il viaggio di formazione, la ricerca del benessere spirituale. La meta è un luogo, Lykathea, e la fiamma che lo brucia è 'Elvenefris', una sorta di immagine simbolica del desiderio di compimento trasfigurato nella crescita dell'individuo. La musica, come dicevo, nasce dal brutal death tipo Nile, arricchito però di inserti semi-ambientali, un gusto molto "orientale" - ricorda molto, in alcuni passaggi, le musiche religiose indiane - e anche un certo amore per il progressive.
I testi, imperniati sulle tematiche di cui sopra, sono cantati in una voce che a tratti è pulita, riecheggiante, aperta e ariosa, per poi sfociare in uno dei growl più gutturali e profondi - definirlo brutale sarebbe limitante - che abbia mai avuto modo di sentire. È un album strano, un album diverso, particolare. Sicuramente meritava un minimo di attenzione in più, in mezzo ad un mercato metal ormai inflazionato e pieno dei soliti vecchi nomi che sparano sul sicuro e i nuovi gruppi-fotocopia.
Valorizzare quelle poche band che ancora meritano è un dovere di chi tiene alla propria musica.
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