A ripensarci oggi, la storia dei Lynyrd Skynyrd sembra una favola, senza il lieto fine, ma comunque una favola. Impressionante, infatti, pensare, a distanza di quasi cinquant'anni da quando Gary Rossington e soci imbracciarono le chitarre per la prima volta, come questi (ex) ribelli del Sud siano letteralmente passati, nel giro di qualche anno, dai banchi di scuola alle classifiche di mezza America. Fondati, come tantissimi gruppi, da ragazzi che si erano incontrati tra i libri delle scuole superiori, riuscirono, in una parabola durata nemmeno un lustro, a marchiare a fuoco il proprio, bizzarro, nome a caratteri cubitali nella storia del rock mondiale, ponendo le basi di quello che oggi è comunemente definito southern rock o rock sudista che dir si voglia, insieme ad altri pezzi da novanta come Allman Brothers Band e Molly Hatchet.

Quella esplosiva miscela di hard rock, country e blues li avrebbe consacrati come una delle formazioni più importanti di sempre, autrice di almeno tre album indimenticabili e di una serie di singoli oggi considerati pietre miliari di un certo modo di intendere la musica. I loro testi, che li avrebbero distinti dalla massa di gruppi simili, al pari della proposta musicale, evitavano quella narrazione di un Sud mitico e leggendario, più immaginato che veritiero, per affrontare spesso problemi reali, come il razzismo o la diffusione delle armi da fuoco, ma anche per parlare di vicende personali e sentimenti, il tutto sempre ammantato di una certa vena malinconica.

Il primo album, uscito nel '73, con l'intera scena hard rock mondiale che in quel periodo sfornava classici un giorno si e l'altro pure, presenta già il gruppo al suo apice. La voce nasale e comunicativa di Ronnie Van Zant si riconosce tra mille, così come le tastiere di Billy Powell ed il mitico trittico di chitarre formato da Gary Rossington, Ed King ed Allen Collins, il tutto sostenuto da una sezione ritmica rocciosa e sincopata. "Free Bird" è un brano immortale, ancora oggi passato in radio nonostante la durata ragguardevole, autentica summa della proposta musicale degli Skynyrd. "Gimme Three Steps" e "I Ain't The One" sono forse meno popolari tra il grande pubblico, ma sono perle insostituibili per gli appassionati del genere. Può sembrare assurdo, ma a distanza di quarant'anni il nome del gruppo, una fantasiosa traslitterazione del nome di un professore di scuola dei membri fondatori, viene ancora oggi pronunciato nei modi più diversi, nonostante lo stesso titolo dell'album d'esordio spiegasse chiaramente quale fosse la pronuncia: "(Pronounced 'Leh-'nérd 'Skin-'nérd)".

Il successo è travolgente ed un secondo album arriva da lì a breve, consacrando gli americani tra i pesi massimi del genere: "Second Helping", del 1974, ripropone la miscela dell'esordio, mostrando una formazione agguerrita ed ispirata, che alla sua seconda prova sulla lunga distanza presenta un disco senza punti deboli ed in cui ogni brano è col tempo divenuto un classico. "Sweet Home Alabama", "Call Me The Breeze", "The Ballad Of Curtis Loew" sono ancora oggi immancabili nelle esibizione dell'ensemble ed autentici brani manifesto del rock sudista.

Il successo porta con sé anche grossi impegni e la vita in tour alla lunga risulta stancante: il gruppo inizia a perdere pezzi, Bobby Burns lascia e viene sostituito alla batteria da Artimus Pyle, che ha un tocco più pesante ed incisivo. Il nuovo album, che arriva nei negozi già nel '75, vede però una formazione che non ha più lo smalto degli esordi. La produzione di "Nuthin' Fancy" scontenta un po' tutti, il disco non trasmette quell'energia che caratterizzava i precedenti e si respira aria di crisi: i brani non sono brutti, "Saturday Night Special" ancora oggi è rischiestissimo, ma sembra che, passati i fasti del primo momento, la proposta degli americani si stia standardizzando e sia incapace di rinnovarsi, proponendo un album buono ma canonico e non interessante come i predecessori. Il disco vende comunque bene ma l'incapacità di Rossington e soci di tenere in piedi la formazione è preoccupante: Ed King, da anni ascia del gruppo, se ne va, lasciando, almeno in studio, gli americani senza il loro caratteristico trio di chitarre.

"Gimme Back My Bullets", pubblicato nel '76, risente in parte delle difficoltà del momento, ma sembra essere più a fuoco del predecessore, anche se lontano dalla freschezza dei primi due indimenticabili album. Il brano omonimo, "Double Trouble" e "All I Can Do Is Write About It" meritano comunque un posto d'onore nella discografia del gruppo di Jaksonville, fermo restando che dischi come questo farebbero oggi la fortuna di qualsiasi formazione rock, ma per forza di cose se ci si è abituati al meglio non ci si riesce ad accontentare di un album "soltanto" buono.

Se il successivo tour è l'occasione per mostrare come il gruppo sia ancora vivo e vegeto nonostante qualche difficoltà di troppo in studio, "One More From The Road", sempre del '76, unico album dal vivo registrato durante gli anni d'oro, è anche l'occasione per presentare, a chi non ha potuto presenziare al tour, le doti del nuovo arrivato Steve Gaines, autentica marcia in più che avrebbe risollevato le sorti una formazione che sembrava avere in parte perso la bussola.

Come già fatto notare in apertura, fa un certo effetto considerare come tutta questa lunga vicenda si snodi nell'arco di nemmeno un lustro, tanto infatti fu il tempo trascorso tra il primo album e lo scioglimento, obbligato, degli Skynyrd: tempistiche oggi impensabili, così come, con un mercato discografico in costante crisi, sarebbe oggi considerato un suicidio commerciale far arrivare nei negozi un nuovo lavoro ogni anno, riuscendo, tra l'altro, ad ottenere sempre risultati artistici quantomeno buoni. Altri tempi.

Il 1977 è finalmente arrivato e sono maturi i tempi per il definitivo rilancio di un gruppo che durante l'ultimo biennio sembra aver risentito un po' troppo dei massacranti ritmi album-tour-album. Steve Gaines, confermato alla chitarra, è l'asso nella manica per la nuova incarnazione degli americani, che sembrano ormai destinati ad una carriera in costante crescendo: "Street Survivors" è il disco della definitiva rinascita, con la proposta musicale degli Skynyrd che pare ormai aver raggiunto la definitiva maturità. L'album alterna con sapienza hard rock, cori femminili, blues e contry, mostrando un gruppo capace di spaziare e che, proprio grazie al non volersi porre limiti, riesce a stupire anche diversi anni dopo l'esordio. "What's Your Name?", "I Know A Little" e "That Smell" sarebbero diventati autentici classici, a dimostrazione di come i sette americani avessero ritrovato lo smalto di un tempo. Per un tragico scherzo del destino le cose prenderanno invece una piega del tutto inaspettata: tre giorni dopo la pubblicazione del disco l'aereo su cui il gruppo stava viaggiando si schianta, uccidendo sul colpo Ronnie Van Zant, Steve e Cassie Gaines, corista, oltre che vari membri dell'equipaggio, lasciando un vuoto ancora oggi incolmabile.

Inutile girarci intorno, la storia degli Skynyrd finisce quel giorno. Anni dopo i membri superstiti, capitanati da Gary Rossington e dal fratello di Ronnie, Johnny, avrebbero imbastito una nostalgica reunion, con nuovi album e tour, ma non sarebbe stata la stessa cosa. La cronica incapacità di tenere la formazione stabile, oltre alla scomparsa di altri membri storici come Billy Powell e Leon Wilkeson, avrebbe di fatto ridotto l'attuale incarnazione del gruppo a dei turnisti di lusso della scena southern rock alle dipendenze di un Gary Rossington che, ormai, di mandare in pensione lo storico nome non vuole proprio saperne. Altra, enorme, differenza tra le due versioni del gruppo è poi relativa all'attitudine e a certe prese di posizione: se gli storici Skynyrd erano caratterizzati da un certo fare fricchettone e libertario, rozzi ma sinceri, per intendersi, quelli attuali sembrano fin troppo interessati ad una noiosa ed irritante riproposizione di certi aspetti beceri e reazionari del vecchio mito del Sud, con tanto di aquile e stelle e strisce sbandierate ad ogni occasione.

Delle mille antologie pubblicate con gli anni questa "The Essential Lynyrd Skynyrd", edita prima dalla MCA e poi dalla Geffen col titolo di "Gold", è una delle più complete. L'attuale versione del gruppo, logicamente, non è minimamente presa in considerazione, dando invece ampio spazio a quanto, ai tempi, registrato da Ronnie Van Zant e soci. Se naturalmente album come "(Pronounced 'Leh-'nérd 'Skin-'nérd)" e "Second Helping" vengono saccheggiati, è indubbio che "Gimme Back My Bullets" avrebbe meritato maggior spazio, anche se è lodevole l'intenzione di dare risalto anche a pezzi meno noti come "Four Walls Of Raiford" e "Mr. Banker", mostrando quindi come la grandezza del gruppo non passasse solo dai 45 giri di successo ma anche dai pezzi meno popolari. "The Essential Lynyrd Skynyrd" potrebbe quindi essere l'occasione per andare a riscoprire una delle formazioni più nobili e sfortunate del rock americano, capace ancora di donare emozioni ad ormai quarant'anni dai tempi d'oro ed autrice di un rock maturo e multiforme, vera espressione del lato più genuino ed affascinante del Sud degli Stati Uniti.


Disco 1

  1. Sweet Home Alabama
  2. I Ain't The One
  3. Was I Right Or Wrong?
  4. Gimme Three Steps
  5. Workin' For MCA
  6. Simple Man
  7. Swamp Music
  8. The Ballad Of Curtis Loew
  9. Saturday Night Special
  10. Mr. Banker
  11. Comin' Home
  12. Call Me The Breeze (J.J. Cale)
  13. Free Bird


Disco 2

  1. What's Your Name?
  2. Whiskey Rock-a-Roller" (Live)
  3. Tuesday's Gone
  4. Double Trouble
  5. I Know A Little
  6. Four Walls Of Raiford (Undubbed Demo)
  7. I Never Dreamed
  8. Gimme Back My Bullets" (Live)
  9. You Got That Right
  10. All I Can Do Is Write About It (Acoustic Version)
  11. That Smell
  12. Free Bird (Live)


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