C’è un vecchio conoscente che da anni mi dice che non potrebbe fare a meno di vivere nella sua condizione precaria. Ne apprezza il lato della libertà dai vincoli. Gli sta bene lavorare per prestazioni occasionali, a tempo determinato oppure in nero. Gli sta bene, pur di sentirsi libero di andare di città in città, e libero da un datore di lavoro e da un ccnl.
La cosa che di lui mi colpisce è che ha una convivente anch’essa occasionale. L’ansia. Coabitano, anzi stanno l’una dentro l’altro quando vede il saldo allo sportello del bancomat diminuire inesorabilmente senza accenni di ripresa. Quella rapida discesa verso valori negativi non parla solo di soldi. Ma non parla neanche di una resa incondizionata. Quel meno davanti ai numeri introduce una sorta di chiusura verso la quotidianità e contemporaneamente un’apertura verso un mood in cui suona sempre una musica vibrante e soffusa, una musica che si insidia sottopelle e produce tremori e adrenalina, in una narcosi paradossale: a farla da padrona è la piena coscienza, alla deriva tra emozioni aeree che non offrono appigli solidi.
Il mio conoscente ascolta gli M83 da Antibes , Francia. Nel 2008 producono il loro quarto album. Per il tizio in questione potrebbe essere la sua personale apocalisse. Brancolanti tra shoegaze, ambient, synth pop e dream pop, arrivano al culmine della propria produzione melodica bipolare fatta di morbida tristezza ed evasiva pienezza di sé.S=Y è un album che soffoca con la sua cappa di aperture che svaniscono nel nulla e la sua base di instabilità emotiva adolescenziale. Potrebbe regalare credibilità ad uno di quei teen movie pieni di paranoie e fatti per non essere capiti (e quindi, per capirci, mi riferisco a cose tipo Donnie Darko, sperando di non depistarvi), oppure potrebbe inserirsi benissimo nelle soundtrack dei film della Coppola.
Sterili sarebbero i paragoni con altre realtà taggabili nelle stesse categorie musicali, perché il percorso che si snoda orgoglioso e tremebondo di traccia in traccia è realizzato in materiale onirico (da fase REM) che lascia il tempo che trova. Nel senso che ha il pregio di non farsi inquadrare precisamente ma di suonare rinnovato ad ogni ascolto. Bastano la intro e il primo pezzo per bussare alla porta di questi tipi e poi decidere se visitarne l’abitazione o meno. La intro, quindi, è un crescendo che sfida ad entrare nella costellazione S=Y, in cui una voce asessuata – meglio dire impercettibilmente maschile - viene assimilata dalle nebbie synth, in una emersione che culmina con il sussurro d’aiuto “save me”.
Stacco.
Irrompe la bombastica Kim and Jesse, folgorante per i synth che cadono come le stelle d’agosto ed un ritmo sostenuto da basso, chitarra e batteria in eterea rappresentanza di suoni prodotti da strumenti tangibili. La matrice è fortemente teen (angst). Pare di trovarsi dinanzi ad innocenze rotte dai primi dubbi. Il connubio illusione / disillusione, tipico di quando si è appena entrati in pubertà, si manifesta con inattesa maturità raffigurando un puzzle di ragionamenti e sogni ad occhi aperti, di quelli che si possono fare nel chiuso di se stessi. Gli strumenti musicali su cui si suda ci sono poco e, eccetto che nel primo caso, si sentono ancor meno. Il tutto a rendere sempre più precari i riferimenti di questo tracciato che segna comunque un approdo delle sonorità M83 su lidi più concreti e definiti, più pop. Per alcuni critici, ciò ha rappresentato un limite. Per chi scrive, no. Anzi, era una delle evoluzioni contemplabili ed è stata resa in musica con grande saggezza e spontaneità nella costruzione di melodie realmente intime e condivisibili. Il fatto che ci si possa immedesimare in questo disco, o che ci si possa ricordare di come si era, quando eravamo umani, è un fattore di gran pregio per questa operazione di messa in sicurezza dell’ascoltatore di oggi, perso tra image bands e disvalore musicale. Potrei anche rimangiarmi tutto a questo punto, e dirvi che, effettivamente, una gancio questo disco lo offre, ed è costituito dai nostri stati d’animo pregressi: combattuti e confusi, ma almeno i nostri. Da provare per perdersi e ritrovarsi un po’ a caso.
3,5 ma abbondiamo.
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