Il quinto film di Maccio Capatonda, al secolo Marcello Macchia, è Il migliore dei mondi, sua terza regia.
Dopo decine di trailer divertentissimi, quasi tutti andati in onda nei programmi della Gialappa's Band, e la serie Mario, la sua opera prima al cinema era stata Italiano medio, nel 2015, dove non mancavano le citazioni dei trailer precedenti, tra cui naturalmente l'omonimo.
Ci sono stati poi Quel bravo ragazzo di Enrico Lando nel 2016; la sua seconda regia, Omicidio all'italiana, nel 2017; e la partecipazione a Rapiniamo il Duce di Renato De Maria, l'anno scorso.
Il migliore dei mondi, diretto insieme a Danilo Carlani e Alessio Dogana, è un esplicito omaggio a Ritorno al futuro ma i più attenti possono coglierne anche di meno espliciti alla saga di Terminator e a 1984 di Orwell.
Ennio Storto viene catapultato in un 2023 parallelo dove la tecnologia è ferma al 1999. Quindi vediamo cabine telefoniche, Pentium 2, Modem 56k e Nokia 310. A dimostrare l'omaggio a Back to the future Viola Rossi che si veste da Martin McFly, e il Dottor Brown della situazione però non è Ennio, bensì Stefano Lavori, evidente italianizzazione di Steve Jobs, che si nasconde in un fienile a Cupertino in provincia di Lecce, il paese di Adriano Pappalardo, che immaginavo fosse nel cast, ma non è così. Basterà un contatto con l'I-Phone di Ennio per riportare costui al 2023 reale e non parallelo, in cui Steve Jobs non c'è più da 12 anni, ma la sua Viola Rossi è ancora viva.
La pellicola vuole aprire un dibattito: davvero il mondo del 1999 era migliore di quello attuale, oppure, in barba alla retorica del "si stava meglio quando si stava peggio", il mondo che stiamo vivendo è davvero migliore, se non il migliore?
Ps: sicuramente la trippa non era migliore... chi vedrà il film capirà.
A Maccio e al film 4 stelle, un talento in forma dopo quasi 20 anni di attività.
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