Chi è Mace, questo eccentrico baffone dai lunghi capelli un po’ verdi e un po’ rossi? È un produttore e disc jockey che negli ultimi anni ha prodotti tra le più grandi hit dell’hip-hop italiano, da “Pamplona” di Fabri Fibra a “Chic” di Izi, da “Ho paura di uscire 2” di Salmo all’album “DNA” di Ghali. Lo so, non è un bel curriculum. È diventato famoso a inizio anni 2000 come produttore di Jack the Smoker, ha collaborato con tale Sjava, con il quale ha creato un brano afrobeat schizzato ai primi posti della top sudafricana e ha lavorato a remix ufficiali di Fatboy Slim e altri sotto il collettivo elettronico RESET!. Ma andiamo al sodo: OBE (acronimo di Out of Body Experience, suona pretenziosetto, ve’?) esce il 5 febbraio di questo disgraziato 2021 e subito ogni pezzo si insinua nella top 50 della penisola. Chi vi partecipa? La maggior parte dei grandi nomi della scena italiana trap e non, e qui la maggior parte di voi giustamente storcerà il naso. Poteva uscire un disco valido con queste premesse? Forse. È uscito un disco valido? Beh, no. Ci mancherebbe, quasi tutte le produzioni sono pazzesche, il problemino è chi ci canta sopra. Perché è questo il problema dell’hip-hop italiano: le basi servono semplicemente a scandire un ritmo su cui sparare ininterrotti fiumi di parole che rendono l’ascolto pesante e noioso.
Le danze vengono aperte da un bel ritornello del già citato Venerus ma già tutto viene rovinato da Guè Pequeno quale paroliere sopraffino, che se ne esce con un distico sulla scia che segue da un po’ troppo tempo “Di chi è la colpa?/Noi ci puntiamo il dito, ho sempre puntato al clito”. Pezzo successivo, secondo singolo estratto, è forse il migliore del disco, in cui la nuova leva Blanco esce dagli schemi e butta fuori un ritornello pop da far venire i brividi, mentre Salmo ristabilisce gli equilibri qualitativi con una strofa che potrebbe essere scritta da Fedez e con un flow sentito e risentito. I pezzi che seguono sono uno più noioso e già sentito dell’altro, da un singolo di Gemitaiz che non prova nemmeno a innovarsi, a Venerus che continua a essere bravo ma il suo canto diventa solo stancante, a Rkomi e Madame che fanno forse l’altro bel pezzo del disco, peccato per la combo di prolissità. Il resto delle tracce vanno dal dimenticabile all’orribile (“Top Boy” di Goelier, un nome una garanzia) per finire (finalmente!) con “Hallucination”, una bel brano strumentale.
Che stanchezza.
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