Il mondo ancheggia come una puttana? Restare calmi e fissare un muro. I bocconi serviti dalla vita sono troppo amari? Divaricare le mandibole e inghiottirli d'un fiato.
Avere la saggezza di un gatto e lo stomaco di un serpente.
E chiudere le imposte.
Un disco misterioso come il sound di una cassapanca impolverata che non apre mai nessuno, un disco che ha l'odore dolciastro delle pagine di un vecchio libro ammuffito.
Pezzi che parlano il linguaggio segreto degli oggetti. Il loro fruscìo incessante che sommerge il basso continuo di campionamenti in penombra, il loro crepitìo materico e vischioso che sommerge i timidi arpeggi di un Dave Pajo insonne, di un Dave Pajo che non trova nessun letto armonico su cui adagiarsi.
L'orologio a muro dice qualcosa alle briciole di pane sparpagliate sul pavimento, la puntina del giradischi guarda di sbieco il cucchiaio che nuota nel lavandino.
Come se l'avanguardia dal sangue freddo di Richard Chartier si riscaldasse al fuoco del camino, come se i dettagli concreti di Taylor Deupree tornassero finalmente a casa dopo una passeggiata al chiaro di luna.
Io sarei un solitario? Poveri imbecilli.
Avere, soprattutto, la caparbietà di un raggio di sole che filtra dalle imposte e che racchiude in sé quel pulviscolo di sensazioni che un nome non ce l'hanno.
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