Molto riuscito questo terzo album dei Mad Marge & The Stone Cutters, band californiana che propone un moderno psychobilly (colgo l'occasione per invitare chi di dovere ad inserirlo tra i de-generi) un tantino insolito (non vi aspettate infatti i continui richiami retrò e b-movie), facile ma efficace, fatto di ritornelli memorabili, e motivetti intriganti.

Aggrappato agli energici vocal della brava leader Mad Marge, e dal trascinante contorno sonoro dei suoi compagni di viaggio, questo lavoro del 2007, -escludendo l'uso del contrabbasso, e il solito look ingelatinato-, lascia quindi da parte i vari clichè del genere, salvo districarsi su più fronti: dalla psychobilly di "Sickness", ed "In The Name Of", a brani veloci dall'attitudine punk, (senza esagerare chiaramente, parliamo pur sempre di psychobilly), come "Hardest Thing", e "Dial Z. For Zombies", arrivando a toccare episodi rockeggianti (è il caso di "Liberation"), ed altri più afferrabili e catchy, come la sgraziata "Don't Put Up A Fight".

Curiosi approccio, e timbrica della frontman (grande prova su "Drove Me Mad"), che ricorda molto da vicino due nomi in particolare: la prima Gwen Stefani della No Doubt era, [provate a sentire la briosa "No Looking Back"], e la più vicina -genere parlando-, Patricia Day degli immancabili Horrorpops, [e qui rimando in particolare alla coinvolgente "Issues"]. Da segnalare anche l'ottimo lavoro del batterista Dan, ruolo di primo ordine su un genere piuttosto movimentato come questo.

36 minuti irresistibili, per questa band di sicuro avvenire 4.5

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