Ecco che proprio oggi ha fatto la sua apparizione il nuovo album di Madonna. Colpisce subito l'attenzione la copertina decisamente kitsch, coloratissima e che ci mostra una cantante ormai cinquantenne ancora dotata di una certa grinta e, forse, di un minimo di malizia. Hard Candy è un titolo che non mi convince. Troppo sintentico e per niente evocativo. Ma scendiamo nei dettagli, lasciamo perdere la copertina e infiliamo il cd nello stereo.
La prima canzone Candy Shop è forse quella più debole di tutto l'album. Richiama da vicino Where's the Party dal lontano '86, aggiungendo però un'atmosfera r&b, che però andrà perdendosi (per fortuna, secondo me) nel resto dell'album, il quale era stato annunciato come la discesa di Madonna nei ghetti della musica black. Si prosegue con la già conosciuta 4 Minutes, il vero apripista dell'album, brano che serve puramente a pubblicizzare la nuova direzione musicale di Madonna. Una canzone sicuramente semplice e, oserei dire, facilotta ma Madonna riesce a nobilitare anche il pop più furbo, riuscendo a comunicare quella sensazione di esaltazione che molte altre cantanti pop si sognano.
Proseguendo con l'ascolto, scopriamo che quest'album vive di molte altre anime oltre a quella r&b, prima fra tutte la dance anni '70, riesumata e venerata nel precedente Confessions e che qui ritorna in brani divertenti e ben congeniati come Dance 2night, costruita su una melodia calda ed irresistibile. Ritorna anche in Give it to me, dall'andamento incalzante e giocoso. Altra sonorità di quest'album è rappresentata dal pop anni '80 che fa capolino in Beat Goes On, con i suoi sintetizzatori vintage, o in She's not me.
Il meglio dell'album, a mio avviso, è però composto dalle canzoni più lente e rilassate. Chiamarle ballate risulterebbe improprio, perché rimangano comunque molto ritmate è ballabili. La prima a comparire nella tracklist è Miles Away, una canzone dolce e nostalgica dalla melodia che procede liscia e orecchiabile. Forse il brano migliore dell'album. Incredible invece, pur essendo anch'essa piuttosto dolce, mostra un utilizzo maggiore di stratagemmi elettronici e una melodia meno regolare, persino scratchata qua e là. E concentrandoci sulle cosiddette ballate ci avviamo verso gli ultimi due brani dell'album. Devil wouldn't recognize you è una canzone vagamente triste in linea con il sound generale dell'album, in cui l'uso massiccio dell'elettronica riporta alla memoria gli esperimenti di Music e American Life. Qui però l'uso di sintetizzatori è stato attuato con molta più maestria e producendo un'atmosfera meno graffiante, ma al contrario morbida e patinata. Infine, ecco l'ultima canzone, Voices, tutta costruita su campionamenti di violini e su un beat persistente. Personalmente, penso che l'ultimo brano di qualunque album debba essere sempre e comunque una sorpresa per l'ascoltatore. Chiudere degnamente un album con una canzone che arriva dritta alle orecchie e al cuore significa invogliare a ricominciare l'album da capo. Obiettivo che Madonna centra in pieno, con una canzone cupa e al tempo stesso divertita, dalle sfumature démodé e dalla sorprendente conclusione, concitata e straordinariamente elegante.
Tirando le somme, quest'album rappresenta l'ennesima prova di bravura di Madonna e dei produttori a cui ha chiesto la collaborazione. Non ritengo giusto darle 5 stelline perché lo trovo leggermente inferiore rispetto all'album precedente, più sentito e coinvolgente, tutto elaborato intorno alla nostalgia per la discomusic. Rimango comunque molto soddisfatto perché mi aspettavo un album troppo "contemporaneo" e vicino alle sonorità black. Madonna ha invece rimescolato con abilità le sonorità che ha raccolto durante la sua carriera, citando più volte se stessa. Che cosa ci serberà per il futuro? Io spero che torni a proporci la sua parte più "seria" e intima, quella che abbiamo ascoltato in Like a Prayer, Bedtime Stories e Ray of Light. Ciò che comunque sorprende di Madonna è la sua straordinaria capacità di unire la frivolezza più sfrenata all'interiorità più sincera, il sacro al profano.
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