"Hard Candy" segna il ritorno sulle scene di Madonna a tre anni da quella scoreggia che fu "Confessions On A Dancefloor". Questo album segna un periodo della sua carriera, festeggiando i 50 anni di vita della queen of pop, che non dimentichiamo: ha origini italiane. Tra brani più o meno riusciti, è stata comunque capace di donarci qualche capolavoro: "Ray Of Light", l'apice di una carriera di una delle donne più trasformiste dei tempi, in compagnia di Bjork e Pj Harvey, e uno degli album fondamentali del pop.
"Hard Candy" dovrebbe essere, quindi, l'ennesima svolta di Veronica Louise Ciccone, ma sembra una zolfa: anzichè anticipare come in precedenza, ora segue la moda, come se ora dovesse per forza essere a spasso nei tempi imitando quelli che hanno fortuna adesso. E non è un caso che chiami l'armamentario di produttori troppo iproduttivi: Pharrel Williams (insopportabile), Timbaland (talentuoso e creativo, ma troppo invadente...nel 2023 non ci sarà un cantante pop che non abbia fatto un pezzo con lui), Justin Timberlake e Kanye West.
Il risultato rischia di essere posticcio, tutto dancefloor ansimante e via con botte di culo...
Tuttavia, Madonna sa ancora governare bene la scena e la prima parte del disco illude: "Candy Store" è uno dei ritmi più creativi mai realizzati dalla popstar (dietro c'è TImbaland... e si sente): quasi un rumore di tablas ravvivato da potenti battiti breakdance, il ritornello è quasi febbrile, poi "4 Minutes", primo singolo: destinata a diventare una hit, non tanto per il duetto con Justin TImberlake, ma per quel ritornello neanche tanto orecchiabile, che però ha la capicità di restarti in mente e far ballare, "Give It 2 Me" sembra un ritorno al vocoder di "Mother And Father", tratta da "American Life" ed è piacevolmente riuscita: una folata di elettronica gradevole per un ritornello acchiappamaschi. "Heartbeat" ha le carte in regola per divenire nuovo singolo: il chorus è trascinante e si rivela il pezzo che Madonna doveva già scrivere da tempo, perfetto per il dancefloor, ma anche da ascoltare. "Miles Away" rinuncia al dancefloor per pensare ad una ballata quasi acustica violentata da un elettronica gentile timbaland-style, una canzone d'amore. "She's Not Me" è perfetta: ritmo iniziale quasi club, violini che entrano quasi all'improvviso, ritornello che spacca... "Incredible" è ancora un pezzo tra la ballata pop e il dancefloor: riuscita piacevolmente, ma nulla di che.
Con la seconda parte del disco, però, si perde un po' quota: "Beat Goes On" è molto poco riuscita, nonostante l'illustre duetto con Kanye West e non si fa ascoltare una seconda volta. "Dance 2night" è piacevole ma non è potente quanto l'iniziale "Candy Store". "Spanish Lesson" è una cazzata: testo idiota come pochi ("When You'll finish your homework/ you'll can come on the dancefloor") ... poco attraente la ritmica, da scartare. "Devil Woudln't Recognize You" è un'azzardata ballata in cui quell'egocentrico di Timberlake compare con la sua voce per la millesima volta in questo disco, tanto da far pensare che l'album sia suo e Madonna sia semplicemente un featuring. Chiude "Voices": ancora Timberlake a introdurre il pezzo, ritmica soul e Madonna che entra in modo sensuale. Tutto sommato ottima.
Non un album riuscitissimo, per il fatto già detto di non anticipare le mode, ma di essere semplicemente una copia della musica che il signor Timbaland va producendo di questo tempo. I tempi di "Ray Of Light" sono lontani, ma il trauma di "Confessions On A Dancefloor" è superato.
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