"Bitch out of order - Bat out of hell - Fish out of water - I'm scared, can't you tell - Bang Bang, shot you dead - Bang Bang, shot you dead [...] Now drive bitch - I said drive bitch - And while you're at it, die bitch - That's right drive bitch." Madonna, Gang Bang

Madonna Louise Ciccone, annus domini 2012. Una vecchia, decrepita, bolsa popstar, le cui maggiori fortune - risalenti ai tanto odiati/amati/schifati/sognati anni '80 - sembrano ormai un remoto ricordo, si appresta a tornare sullo sfaccettato palcoscenico del music biz internazionale. All'interno di tale impervia foresta amazzonica fatta di dischi, dischetti, parrucche e scenografie da urlo, si destreggiano con caparbia convinzione soggetti come la Signora Germanotta, attualmente considerata il magnum opus del pop mainstream, in grado di rimpinguare a dovere le casse delle "povere" major tallonate dalla crisi economica: vestitini strampalati, videoclip che durano quanto una funzione religiosa in rito bizantino-ortodosso, oggetti di uso comune incollati addosso, tecniche neo blasfeme che strizzano l'occhio anche al panorama kitsch dei "radical chic" di definizione montanelliana (effettivamente poco chic - e ancor meno radical) e tante, tantissime altre chincaglierie volte unicamente a concretizzare la filosofia del "show must go on", il credo di ogni popstar che si rispetti. Il credo che Madonna introdusse nel 1982. Sono dunque trascorsi trent'anni esatti dal debutto omonimo e la sostanza, il succo del successo è sempre lo stesso: continuare a calcare, anche attraverso timidi sguardi dal retroscena nei periodi più infertili, quel palcoscenico. Vecchiaia, sedicente decrepitezza, 54 primavere, istigazione da terzi alla quiescenza eterna: nemmeno per idea.

E'vero: l'ex ragazzetta del Michigan, quella dei soli 37 dollari portati con sé da Detroit nella perfida Mela, investiti con un guadagno netto a dieci zeri, non è più tale. La nascente cartina topografica di rughe sul volto sconfitta da Photoshop, la tendenza al metamorfismo perfetto leggermente annichilita, la forza vitale indispensabile per reggere due ore di salti, balletti e urletti in modesta flessione. Resta comunque il vigore della sempiterna viziata adolescente del Michigan di Material Girl, della peccatrice redenta di Like a Prayer e successivamente "fallen woman" di Erotica e Bedtime Stories, della guru pseudo-santona di Ray Of Light, della soldatessa con il completo militare D&G di American Life e della Signora della Disco in tutina rosa scintillante di Confessions On A Dance Floor.

"MDNA", giunto a quattro anni dal bistrattato "Hard Candy" timbalandiano, è tutto questo: il Pop, certamente mainstream, a volte plasticoso e raffazzonato, spesso facilotto e conformista, quasi sempre confezionato più dagli abilissimi producers di background che dai soggetti canterini di riferimento. Eppure è il POP, il Pop senza pretese che invade le discoteche, il Pop che tutti noi canticchiamo sotto la doccia a volte in modo compulsivo e incontrollato, il Pop delle simil-prostitutelle che con i loro minimalismi d'abbigliamento e le loro proposte visuli-sonore strampalate fanno sorridere più loro dei più abili comici professionali, il Pop delle feste con gli amici in cui la più latente schizzinosità viene meno in nome della spensieratezza anti-tran tran.

Festeggiando il trentesimo anniversario dal primo singolo Everybody, Madonna ripercorre in una manciata di brani tutta la storia discografica della sua carriera: non è un caso se il celeberrimo William Orbit, emerito patron di Ray Of Light, sia tornato a far parte della schiera dei fidatissimi scelti per MDNA, lavoro in cui le sonorità danzerecce-elettronico degli ultimi album entrano in simbiosi con brani più lenti, intimistici, nostalgici, fondendo a volte la leggiadria del ritmo e l'intimismo sentimental-spirituale in confezioni sonore semplici, prive di troppe aberrazioni e/o pretese di alternatività/innovazione. MDNA è difatti un album di puro pop senza alcuna pretestuosa e presuntuosa velleità sperimentale.

Si parte con Girl Gone Wild, frizzante brano elettro-house uscito dalla premiata ditta dell'italianissima Benny Benassi's family, per poi immergersi nei conturbanti bassi house-dubstep di Gang Bang, forse l'unico accenno di "sperimentazione" sonora. Con Love Spent, autentico gioiellino dell'intero album, il nostro Orbit torna a proporci l'anima ascetico-eterogenea di Ray Of Light, elettronico-alternativa al punto giusto e con un pizzico di romanticismo nostalgico (al mandolino) per condire il tutto.

Turn Up The Radio e I'm Addicted, in caduta libera nell'universo dance per antonomasia, rappresentano il risveglio della Diva brillantinata e multicolorata di Confessions On A Dancefloor dal (temporaneo) letargo dell'ultimo lavoro in studio. Ancora, la caciarona Some Girls mette in mostra la Madonna più smorfiosa, capricciosa e viziata, che sputa i testi con una simpatica adolescenzialità sfacciata e provocatoria presente pure nel primo (poco convincente) estratto Give Me All Your Luvin' (con Nicki Minaj e M.I.A.). Degne di nota, infine, le ballad Masterpiece e Falling Free, quest'ultima particolarmente simile alle produzioni trance-ambient di Mer Girl e Drowned World/Substitute For Love (Ray Of Light, 1998).

Tirare le somme di trent'anni di carriera è complesso: premi, premiucci, trofei, stili, sonorità, successi, mode.... Con "MDNA" Madonna è riuscita nell'intento di "fare il resoconto" di quello che è stato il suo contributo al Pop internazionale. E' vero, non siamo di fronte ad un talento vocale immenso, un genio della sperimentazione. Madonna è il Pop, il Pop che a noi "conformisti", "nemici della nicchia", "sempliciotti" e "qualunquisti" (ogni riferimento è puramente casuale) piace e piacerà. Senza vergogna e/o imbarazzo di esprimerlo.

Madonna, "MDNA"

Girl Gone Wild - Gang Bang - I'm Addicted - Turn Up The Radio - Some Girls - Give Me All Your Luvin' - Superstar - I Don't Give A - I'm A Sinner - Love Spent - Masterpiece - Falling Free.

Carico i commenti...  con calma