Nonostante la copertina grigia, se ne sentono di tutti i colori in quest'album: secondo lavoro per i Magma, gruppo francese degli anni '70 assimilabile al progressive ma che ha sempre cercato di distinguersi dai gruppi anglo-americani percorrendo strade inconsuete. Inventandosi per esempio un loro pianeta d'elezione, Kobaïa, e relativa lingua immaginaria, il kobaïano, nella quale cantano i testi delle loro canzoni, ed è una cosa molto più seria di quanto possa sembrare (esistono regole ortografiche e grammaticali, e un dizionario kobaïano/francese, per chi volesse approfondire).

I titoli dei tre brani del disco, anno 1971, ci proiettano da subito in questo universo parallelo. "Riah Sahiltaahk" è una lunga composizione di Christian Vander, il leader del gruppo. Oltre 21 minuti apparentemente destrutturati, in cui brevi moduli si ripetono alcune volte per lasciare subito spazio ai successivi. Suonano come cellule sonore incollate l'una sull'altra, che si accavallano tra loro in maniera vorticosa e frenetica e in costante mutamento.

Ma in questo labirinto si distinguono con chiarezza gli elementi costitutivi: i Magma all'epoca sono un gruppo di sette musicisti, ognuno con un ruolo ben preciso. C'è una mini sezione di fiati (clarinetto, sax, flauto di Teddy Lasry; sax e clarinetto basso di Jeff Seffer; tromba di Louis Toesca), pianoforte acustico ed elettrico per Francois Cahen, basso elettrico per Francis Moze, e infine Christian Vander alla batteria (e voce) più la voce pastosa del cantante Klaus Blasquiz. Come si nota, mancano le chitarre, ma il risultato è un ininterrotto flusso magmatico di estrema densità.

Gli altri due brani non sono a firma di Vander, cosa che ha generato diffidenza nei fan duri e puri dei Magma. "Iss Lansei Doia" è di T.Lasry, "Ki Iahl O Liahk" di F.Cahen (quest'ultimo avrebbe abbandonato il gruppo subito dopo quest'album per formare, con J.Seffer, gli Zao). In entrambi i casi si incontrano melodie meno nervose e più cantabili, un taglio meno sperimentale, e in generale un impianto sonoro influenzato dal jazz-rock.

Originalissimi nella loro poetica, più che a un gruppo rock i Magma assomigliano a un gruppo di druidi intenti a celebrare un rito pagano. "1001° centigrades" è un album eccellente, nonostante la grigia copertina: ne esiste una alternativa molto colorata, in cui trionfano il rosso e l'arancio: i colori del magma vulcanico, del fuoco, dei mille e passa gradi centigradi...

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