No vabbè, dai... è uno scherzo? Il nostro glorioso DeSito ancora non comprende una recensione di uno dei picchi della discografia dei Magnum, da molti considerato il loro capolavoro assieme ad On a Storyteller's Night e a Vigilante (e io ci aggiungerei pure il seminale Chase the Dargon)??? Ok Federock, è ora di tornare in pista e colmare la gravosa lacuna. E' l'ora di recensire Wings of Heaven, settimo album di una carriera che non ha mai evidenziato tonfi nè cadute di stile, ma anzi sempre regalato ai fan della band album buoni, a volte ottimi, talvolta tra i migliori del genere, come nel caso di questo Wings of Heaven. Senza dimenticare che questo livello di qualità della loro produzione non si è ancora abbassato nemmeno oggi, dopo 35 anni di carriera, grazie ad una serie di uscite, dalla reunion di una decina di anni fa' ad oggi, tutte di altissimo valore per gli amanti delle sonorità proposte dai Nostri.
Già, dimenticavo, cosa suonano i Magnum? Beh, etichettarli sarebbe certamente fuorviante per chi ancora non li conoscesse, anche perchè posso senza timore di smentita affermare che il gruppo di Birmingham ha codificato un genere, o comunque un sotto-genere, del tutto personale. Potrei dire, per spiegarvi, AOR, hard rock, melodic rock, epic rock, pomp rock, heavy rock, ma nessuna di queste definizioni calzerebbe a pennello per descrivere la loro musica, che profuma di tutti gli ingredienti sonori appena elencati, non ultimo il folk, e nessuno in particolare, prendendo qualcosa da tutti questi e rielaborandoli in maniera assolutamente personale, grazie al pennino dello storico chitarista Tony Clarkin, da sempre leader silenzioso del gruppo e autore di quasi tutte le musiche e dei testi delle canzoni, capace di scrivere ancora oggi melodie splendide, riff precisi e vincenti, arrangiamenti sopraffini e in generale canzoni perfette. Ma anche grazie al timbro di voce unico di Bob Catley, vero e proprio menestrello cantastorie del rock anglosassone, la cui voce ancora oggi sa colpire e affascinare, non a caso richiestissima per collaborazioni e comparsate varie, tra le quali spiccano certamente quelle degli Ayreon e degli Avantasia, progetti corali di prog-power metal messi in piedi rispettivamente dai mastermind Arjen Lucassen (che mito!) e Tobias Sammet. Infine una nota di merito per il suono regale dei nostri va ascritta al tastierista Mark Stanway, sempre abile a tessere trame sonore di gran gusto per enfatizzare le composizioni del solido Clarkin.
Wings of Heaven esce nel 1988, quando l'hard rock melodico e l'AOR vivevano la loro stagione d'oro e i Nostri avevano già contribuito, grazie al loro stile epico, a staccarsi e distinguersi dalla miriade di gruppi che all'epoca popolavano le charts americane e inglesi in primis, ma di tutto il mondo in generale, con una serie di album di valore che in 10 anni, dall'esordio di Kingdom of Madness del '78, vedevano lo stile dei nostri nascere in piena ondata NWOBHM, connotarsi da subito per un heavy rock dai toni drammatici e maestosi, ricco di cori sontuosi e suoni heavy, passare per un hard rock meno elaborato e più sofisticato, sempre con le ariose melodie in primo piano e gli umori folk-epici caratteristici delle lande del nord (e il capolavoro in tal senso è senza dubbio il già citato On a Storyteller's Night dell'85), per giunger col precedente Vigilante e ancor più col presente Wings of Heaven ad una soluzione musicale più "radiofonica", che alleggerisse il suono, rendendolo più snello, più in linea coi suoni degli '80 e col gusto dell'epoca, più "leggero" se vogliamo, ma nel senso di meno stratificato o elaborato, non certo meno personale o "alto", e comunque mai smielato o stucchevole.
L'apertura agile ma sontuosa al tempo stesso di "Days of no trust" mette subito in chiaro quanto appena detto, nel tentativo pienamente riuscito di confezionare un brillante abito melodico e AOR con cui vestire lo stile elegante ed enfatico tipico dei Magnum affinchè si schiudessero loro le porte del mercato americano, per un pezzo da applausi replicato da tutti-dico-tutti i pezzi successivi dell'album dove si passa da toni enfatici, quasi dark, cori di chiara matrice Queen ("Wild Swan" in tal senso è da brividi, e "One step away" non è da meno), ad hits più sbarazzine come "Start Talking Love", oltre all'immancabile ballad , "it Must Have Been Love", anch'essa comunque originale ed in pieno stile Magnum (e quindi non un lento adatto a Top Gun e a far da sottofondo ai poster delle ragazzine, per capirci...), fino alla conclusiva e lunga "Don't Wake the Lion (Too Old to Die Toung)", che nei suoi 10 minuti accarezza un po' tutte le sfumature tipiche del loro suono, con cambi di atmosfera e un flavour epico fino al midollo, ma senza mai "sbrodolare" e risultare pacchiani, se capite cosa intendo.
Ecco, questo è Wings of Heaven. Per chi mastica un po' il genere, non stiamo parlando di Survivor (ottimi, sia chiaro), Foreigner, Toto, Journey... quì c'è il vento del nord che soffia sulle terre celtiche, tra antiche rovine, e scalda gli animi portando l'eco di storie remote, e non una decapottabile che sfreccia sulle highways della California tra le palme e le onde solcate dai surfisti: quì c'è il sound regale dei Magnum, tutta un'altra storia...
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