Magnus Öström è stato il batterista degli Esbjorn Svensson Trio, e questo è il suo primo disco solista dopo la perdita (e sotto ai suoi occhi, a quanto pare), del suo amico e compagno artistico Esbjorn, nel 2008, al quale questa opera è giustamente dedicata. Di quel magico trio, il contrabbassista, è stato il primo a risollevarsi, e ha fondato i Tonbruket, virando tutto sul prog sperimentale. Mi ero chiesto più volte come mai Ostrom non avesse voluto aggiungersi a quel progetto, fatto sta che, vittima di una brutta depressione, il nostro drummer ha sofferto molto e si sente parecchio pure nel disco.
Ebbene, girovagando nel web mi è capitato di leggere una recensione cattivissima nei confronti di questa ottima opera prima, e pure di quelli dei Tonbruket (due album finora, e altrettanto ottimi!), nella quale si dice che con la morte del pianista Svensson, questi qua arrancano nel buio, producendo dischi banali e derivativi senza alcuna direzione... accidenti, dico io, ma è proprio da fasi della vita come queste, che escono dischi interessanti! E questo lo è, fidatevi, e se siete stati fans degli EST non potete farvelo scappare.
Magnus appare su una copertina nera, con un piatto sotto ad un braccio, e con un'espressione severa pare dirci che il peggio è passato e che la cosa più giusta che poteva fare era mettersi a nudo per esorcizzare i suoi fantasmi (vedi titoli dei brani). E così ha fatto.
Ha composto in solitudine l'intero album, si è unito agli ottimi Andras Hourdakis (chitarre), Gustaf Karlof (pianoforte, tastiere, vocoder), Thobias Gabrielson (basso, tastiere, tromba), tutti svedesi, ha chiamato l'amico Pat Metheny all'acustica - che rabbia essermi perso quel tour in cui gli EST suonarono insieme a lui, qualche anno fa - e, non a caso, Dan Berglund a suonare il contrabbasso sui 10 minuti della stra-validissima "Ballad for E" (sbjorn). Ed è proprio l'amico Pat ad influenzare l'opera (e che male c'è?) in vari punti, con soluzioni assimilabili a ciò che il PMG produceva negli anni '80 in album come "As Falls Wichita..." o "First Circle" ( il clapping e i bellissimi cori fanno sembrare "Afilia Mi" un' outtake proprio del brano omonimo di quell'album. E' un po' come se i magnifici cieli svedesi si congiungessero a quelli altrettanto magnifici del Missouri e il risultato è alquanto commovente.
A differenza di Dan, Magnus non punta sulla sperimentazione, e nemmeno sul virtuosismo, si affida quasi esclusivamente ad un flusso emotivo, ad atmosfere malinconiche, struggenti ma consolatorie, con un uso equilibrato e raffinato dell'elettronica a rafforzarne i colori. E soprattutto ci fa capire che il suo particolare drumming è unico, e che nell'economia del suono EST aveva un peso enorme. Dopo un paio di ascolti è bello accorgersi che, nonostante la lunga durata (quasi 80 minuti), non c'è proprio nulla da buttare qui dentro, e dopo la risalita dagli inferi dell'intro ("Prelude") si vola alto fino alla fine.
Bravo Magnus, ottima partenza, non vedo l'ora di vedervi suonare dal vivo... ah, e se questi sono i dischi brutti, beh, allora ne voglio ancora tanti!
MAGNUS OPUS, voto 4,5
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