Telecronache, televendite e...

Mi propongo in questa inedita veste di editorialista un po' per scommessa e un po' per capriccio: qui troverete un po' di testa ma anche tanta pancia, spero che questi elementi riescano a combinarsi nel miglior modo possibile, e starà a voi giudicare. Partiamo dal piccolo per arrivare poi al "grande": una delle mie passioni è sicuramente il motorsport, sia a 2 che a 4 ruote, e la domenica appena trascorsa (3 aprile 2016) è stata uno dei rari "all-in" in cui si sovrappongono Mondiale Superbike, Formula 1 e Motomondiale. E ciò mi ha, mio malgrado, esposto ad una dose massiccia di giornalismo televisivo da bassissima macelleria, su cui appunto vorrei spendere qualche parola.

Nel mondiale delle derivate di serie il campione del mondo in carica Jonathan Rea colleziona un secondo e un terzo posto , lamenta evidenti problemi di messa a punto della moto, ma riesce comunque a collezionare punti preziosissimi per il suo campionato, di cui è tuttora saldamente in testa nonchè favorito per la riconferma; ovviamente, come tutti i vincenti che si rispettino, non è assolutamente contento di tale risultato e non fà nulla per nasconderlo. Per gli "illuminati" cantastorie di Mediaset ovviamente il campione soffre la classica "pressione psicologica" per aver, a detta loro, perso il confronto con il compagno di box Tom Sykes (un secondo e un terzo posto per entrambi, quindi "battaglia" terminata in assoluta parità). Cercare di creare "casi" basati sul nulla assoluto per aumentare l'appetiblità mediatica di un prodotto (la SBK) che non ne avrebbe assolutamente bisogno; al mediocre conclamato (ma italiano) Davide Giugliano, lui sì "distrutto" non solo nel confronto con il compagno di team Chaz Davies ma anche di un buon mestierante con moto privata come Xavi Forès invece vengono trovate giustificazioni di ogni genere. "Eh, ma negli ultimi giri era veloce quasi come i primi...". Vogliamo poi parlare dell'immonda presenza di DJ Ringo di Virgin Radio a bordopista con le sue gustosissime annotazioni tecniche? Facciamolo pure, ma solo una riga scarsa, di più non merita.

Dalla padella alla brace, ecco a voi Sky(fo) e il Motomondiale (si, sono uno dei pochi romantici che ancora usa questa denominazione tradizionale invece dell'ormai più comune "la motogippì"). Alla corte di Murdoch il livello di "cantastorie" e "pignonisti" era già oscenamente basso l'anno scorso, e con gli arcinoti fatti di Sepang e Valencia si sono raggiunti picchi di faziosità e mistificazione della realtà a dir poco rivoltanti, e il trend continua imperterrito, tra marchette e totale mancanza di una minima parvenza di dignità. Moto3: alla caduta all'ultimo giro del pilota malese Adam Norrodin (fino a quel moneto meritatamente terzo) il giullare di turno (Mauro Sanchini) cela a stento una malcelata esultanza per il possibile podio di Andrea Locatelli, altro mediocre prodotto del mostro vivaio. "I nostri itagliani, i nostri itagliani, i nostri itagliani..." un refrain ripetuto in ogni occasione possibile, fino alla nausea, ovviamente sempre per compiacere un determinato tipo di pubblico. Ci sono italiani più "nostri" e altri un po' meno "nostri", quelli con la moto blu e nera con il logo sky(fo) in bella evidenza sono ovviamente più nostri, poco importa se trattasi di tamarretti iperpompati ben oltre l'effettivo valore, ad immagine e somiglianza di chi il gestisce, ma con meno di un decimo del talento.

La MotoGP sembra proprio non poter andare avanti senza psicodrammi, e gli psicodrammi sono la "merda" per eccellenza su cui si posano le "mosche": questa volta sotto le luci delle ribalta è finito Andrea Iannone che, con una manovra da PlayStation, stende all'ultima curva il compagno di squadra Andrea Dovizioso, dimostrando, per l'ennesima volta, la stessa sagacia e intelligenza tattica di un calamaro di Humboldt. Eppure è tutto un florilegio di giustificazioni, di "si, ma...", è colpa di Stoner collaudatore che mette pressione, è colpa di Lorenzo che arriverà (forse, speriamo) l'anno prossimo; dal canto suo Dovizioso riesce ad arrivare al traguardo spingendo la sua moto fino alla linea d'arrivo, prendendo comuque qualche punto iridato. Giusto ricordare che, con gli ipotetici venti punti del secondo posto, sarebbe stato ad una sola lunghezza di distanza dall'attuale leader Marc Marquez. "Si, ha spinto la moto, come a molti di noi (eeehhh!?) è capitato in autostrada", Meda dixit. Chi segue le corse in maniera un po' più approfondita saprà sicuramente che il Dovi, non un campione ma professionista serissimo e affidabile, ha poco appeal mediatico e non ha mai fatto parte dalla cerchia dei sodali del pilota senza cognome, a differenza del compagno di box.

Ora veniamo al punto: il punto è che viviamo in una società in cui la televendita è uno dei pilastri fondanti e il potere dei mass-media deve, necessariamente, essere drasticamente ridimensionato. Come? Non ne ho idea, ma và fatto, in qualche modo: ho portato l'esempio di una "sciocchezza", come viene commentato un certo tipo di sport: slogan, personaggi, doppiopesismi vari, e soprattutto un pubblico visto come una semplice massa acritica da plasmare. Da Guido Meda fino al presidente del consiglio la strategia è sempre quella, basta cambiare nomi e situazioni, e lor signori sappiano che c'è anche chi una mentalità indipendente è riuscito a conservarla. L'allarme terrorismo, l'allarme migranti, la paura di Donald Trump, scandali che non lasciano mai un segno vero che sia uno, psicosi assortite, quando c'è il delitto di turno mettiamoci dentro pure quello: ragazzi, io non ci sto, io boicotto. Ho detto cose trite e ritrite, pure un po' "populiste"? Sicuramente, uno più uno meno, tanto... ho detto sciocchezze? Forse, ma io non conto niente e non influenzo nessuno, nessuno mi ha pagato per dirle, di altri non si può dire lo stesso.



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