Parte il disco e già sei su una nuvola. Come posso parlarne senza vaneggiare un po'? Senza distendere il capo su questa massa soffice che mi abbraccia come la notte? Come posso pretendere di raccontare come questo fiume sonoro mi stia facendo viaggiare?

Sono qui ad occhi chiusi, con le mani che tremano, che cigolano sulla tastiera emettendo rantoli. Sono qui e sussulto, tra una nota e l'altra, in questo continuo e gioioso rimescolarsi di arpeggi, tessiture sonore e suoni che paiono sviscerarsi altrove. Viaggia il disco, viaggio io.
Non so bene che cosa sia. Non ne capisco le fattezze: quello che sto ascoltando è folk o avanguardia? Quest'unione di due geniali musicisti si bagna di sensazioni immagnifiche, di una semplicità sconcertante che affiora nel puro marasma della genialità. 
Semplici rincorse e amplessi di arpeggi, appena modulati, che si immergono in sensazioni di malinconie quasi 60's, quasi acide, quasi amore. 

Sensazioni che mi trascinano via e mi fanno annegare in queste nuvole rosa, rosse, viola. Colori indelebili, esplicitati anche nei titoli di questi indefinibili gioielli ("Purple", "Red", "Yellowish Green", "Orange" e "Blue"). 

Cinque pezzi, cinque colori, 40 minuti di musica, di visioni, di sentimenti e di angosce. Un disco che sa di vecchio, ma che riesce a guardare il futuro e sputargli in faccia. Così delicato, così fermo a primeggiare nel colore puro, da riverniciare, come un affresco un intera stagione.
Che sia autunno, inverno, primavera o estate, dovete deciderlo voi. Anzi, devono deciderlo i vostri timpani, così anestetizzati dall'estenuante pizzicare, che persino i vostri occhi vi inganneranno.

Sarete lì, nella vostra stanza. Come sono io, qui, che tremo.

Sarete fisicamente lì, ma la vostra mente... chissà dove sarà.  

Con amore, tinteggio le pareti. 

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