Negli anni 2.0 non esistono più limiti, in ogni campo percettivo, e la musica non fa differenza. Grandi calderoni, nessun confine. New Wave, Garage, Pop, Psichedelia, Post Punk, Elettronica, tutte forme musicali ridotte ad una semplice idea. Funziona così, d'altronde un'idea è decisamente più plasmabile della materia musicale quando i mezzi sono pochi.

I Male Bonding sono una delle tante sublimazioni di questo concetto, portato oramai agli estremi. Da subito investiti da una coltre di hype, (quella cool, sempre 2.0, che copre solamente gli artisti meno artisti e più cool/Do it yourself) ingiustificata, poiché potenzialmente simili a tante altre realtà derivanti dall'eterno scambio di battute tra Gran Bretagna e Stati Uniti. Analizzando un pò più a fondo questo sgangherato trio, però, è facile rendersi conto che tante lodi possano trovare un riscontro nei solchi empatogeni di questo "Nothing Hurts".

Vi è rintracciabile di tutto: chitarre "jangly" ("Weird Feelings"), muri di fuzz ("Years Not Long"), irruenza Garage ("T.U.F.F."), attitudine melodica Punk ("Crooked Scene") e approccio - come da copione, verrebbe da dire - slacker. E, sopratutto, sanno scrivere musica Pop con gusto ed omogeneità non indifferenti.

Non saranno i nuovi Nirvana, come bizzarramente sentito in giro, ma qui c'è la giusta intensità e la coesione di chi sapeva racchiudere grandi cose in piccole scatole (a forma di cuore). E, cosa che più conta, questa mezz'ora mi ha fatto stare bene. In questa girandola viziosa, oramai post MySpace, è raro.

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