16 Marzo 1990: alle 10:10 del mattino Xana La Fuente chiama il 911. Ha trovato Andrew, il suo fidanzato, riverso sul letto in overdose da eroina.

Ore 10:34: Andrew viene dichiarato morto dal personale del 911.

Ore 12:40: una volta arrivato all'ospedale Andrew viene dichiarato ancora vivo e messo in terapia intensiva.

17 Marzo, ore 8:00: Andrew viene dichiarato in coma.

Ore 20:00: Andrew si stabilizza e mostra piccoli segnali di miglioramento.

18 Marzo, ore 14:00: Andrew torna in camera.

19 Marzo, ore 11:20: Andrew viene colpito da un aneurisma che annulla tutte le funzioni cerebrali.

I medici consigliano di staccare le macchine che mantengono Andrew in vita. Tutti i familiari e gli amici si riuniscono, entrano nella stanza uno alla volta per l'ultimo saluto, Xana La Fuente mette "A Night At The Opera" dei Queen (il gruppo preferito di Andy), i fili vengono staccati. Xana abbraccia il corpo del fidanzato.

Sono le 15:00. Ascolta il battito del suo cuore. Per quindici minuti. Ci vogliono quindici minuti perchè smetta di battere.

Sono le 15:15. Andrew Wood viene dichiarato ufficialmente morto.


Erano trascorsi solamente ventiquattro anni (in anticipo di tre per entrare di diritto nel "club dei ventisette" assieme a Jimi, Jim, Jonis e tanti altri) quando la fiamma artistica di Andrew Wood si spense. Troppo poco per inneggiare al nuovo Freddie Mercury, ma abbastanza per scorgere un talento puro tra quella trentina di canzoni che ci ha lasciato in eredità.

Questo cofanetto ha richiesto dieci anni di lavoro da parte del regista Scot Barbour, che nel dvd allegato ha raccolto un'ora di pellicola fatta di interviste ai familiari e amici, musicisti e non mucisti, registrazioni video fatte dallo stesso Andrew, pezzi di concerti e ricostruzione degli eventi culminati nel tragico epilogo.


Alla parte filmica è affiancata quella musicale in due dischi: nel primo viene riproposto "Return To Olympus" dei Malfunkshun, mentre nel secondo vengono assemblati pezzi di interviste assieme a brani registrati dal cantante su audio cassette in proprio.

Quest'ultima raccolta suscita poco interesse vista la bassa qualità delle tracce, tranne forse che per "Island Of Summer" cantata da Chris Cornell, con vaghe reminescenze anticipatorie di quella "Seasons" che finirà sulla colonna sonora di "Singles". La polpa e l'anima di questa uscita va quindi cercata nel primo cd e nel film.


Immagini e musica ci mostrano un ragazzo ancora giovane, capace di essere un clown, un poeta, un genio, uno sciocco isterico, ma consapevole di essere destinato a diventare una rockstar. Da qui si spiega la nascita del suo alter ego: Landrew the Lovechild, e del suo look tutto piume e lustrini. Landrew sale sul palco e professa a tutti il verbo del Loverock, assieme al fratello Kevin alle chitarre ed all'amico fraterno Regan "Thundarr" Hagar (poi nei Brad e nei Satchel) alla batteria. I tre suonano la musica dell'amore che si contrappone ironicamente a quella del diavolo usando il 333 al posto del 666. Da una cassetta malfunzionante su cui hanno registrato i primi demo trae origine il nome Malfunkshun: siamo nel 1981, durante le feste di Pasqua, e di quattro o cinque amici riuniti a jammare ne rimarranno loro tre.

Inizia così la storia di un predestinato. La musica dei Malfunkshun non vedrà la luce per diversi anni visto che Andy, oltre ai suoi problemi di dipendenza da alcool, eroina e cocaina, lascerà il gruppo per unirsi nel 1988 ai Mother Love Bone, dopo aver conosciuto Jeff Ament e Stone Gossard. Sarà proprio quest'ultimo, nel 1995, a preoccuparsi di editare finalmente "Return To Olympus". Otto demo dell'epoca e quattro brani registrati da Andrew Wood compongono una scaletta affascinante, dove da una parte affiorano i germi che daranno il via all'epopea di Seattle e dall'altra mostrano già le potenzialità e ambizioni da stadio, ancora più evidenti in seguito nei Mother Love Bone. La voce di Landrew con i suoi falsetti ed i suoi istrionismi graffia ed accarezza senza soluzione di continuità, basso e batteria pestano duro, mentre la chitarra del fratello, con le sue veloci scale metal allontana il suono del gruppo dal tipico stile grunge, nonostante le distorsioni varie. Impossibile non guardarsi indietro e non pensare a Marc Bolan durante l'ascolto, così come guardare avanti mentre parte "Winter Bites" e non pensare alla lezione impartita ai Jane's Addiction. Ma in ogni brano, per quanto naif, imperfetto o derivativo, va preso di mira quel momento in cui scatta un ritornello, un coro, una melodia. Proprio in quell'istante dimentichi il resto e vieni conquistato da pezzi come "Until the Ocean", Luxury Bed" e "Jezebel Woman". Poi realizzi che comunque sono stati scritti tutti da un minorenne, e allora capisci che è tutto uno scherzo, che conta pochissimo questo album in confronto alle decine di capolavori che avrebbe potuto scrivere nella maturità. Che di Freddy Mercury ne nascono pochi, ma magari ne sono morti più di quelli che pensiamo.

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