I Malombra sono il classico gruppo di culto. La band genovese del cantante Mercy aveva saputo crearsi un suo seguito grazie a dischi come Malombra, Our Lady Of The Bones e The Dissolution Age. Ma rimaneva nel cassetto un disco perduto che, per i pochi che ne erano a conoscenza, aveva assunto con il tempo il fascino degli oggetti preziosi e nascosti. Quel disco si chiamava T.R.E.S. (il riferimento è a Il Pendolo di Foucault di Umberto Eco e alla simbologia del numero 3) e giacque chiuso in un cassetto dal 1996 a causa di dei classici malintesi che si originano nei gruppi musicali. Ora finalmente T.R.E.S. vede la luce grazie al chitarrista Matteo Ricci e al cantante Renato Carpaneto (al secolo Mercy). Il sound dei Malombra è sempre stato un mix potente e dirompente di prog, hard-rock e dark e a mio avviso proprio qui T.R.E.S. raggiunge la perfezione. Matteo Ricci è un grande chitarrista e ha un tocco particolare, molto “frippiano” mentre Mercy è il solito tetro officiante di un culto segreto. Indubbiamente il pezzo forte di T.R.E.S. è “Malombra”, omaggio al noto libro di Antonio Fogazzaro, capolavoro romantico, ricco di sfumature oscure e decadenti. La musica è cupa, onirica e lascia trasparire emozioni perdute che mi hanno ricordato sceneggiati immortali degli anni ‘70 come lo stesso Malombra e Il Segno del Comando. La traccia iniziale “Astarte” ha invece un inizio molto horror, quasi come un film di Dario Argento mentre in “Baccanalia” troviamo, per chi ha voglia di approfondire, molte tematiche esoteriche. “Cerchio Gaia 666” con i suoi circa 17 minuti è poi il brano più lungo. La musica alterna atmosfere dure e movimentate, caratterizzate dalla chitarra di Matteo Ricci, ad altre più quiete e oniriche. Confermo in definitiva come “T.R.E.S.” sia un grande album che riporta giustamente il nome dei Malombra in auge.
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