Ho provato, istigato anche da correnti di forza maggiore, a farmi piacere manga action figures e nipponate varie ma niente: i fumettoni al contrario, gli occhi a pallone le fuku non fanno per me… Cerco cerco cerco ma non trovo mai quell’ ethos latente proprio del libro - narrazione che permette inferenze immaginative - o del lungometraggio – proiezione che instaura una dissolvenza trascendentale nello spettatore…

Permettetemi di crearmi un architettura mentale dei mondi possibili o, al contrario di farneticare e congetturare aldilà della cornice inquadrata dalla Camera…

Il fumetto, la cosiddetta via di mezzo, finisce per depotenziare le peculiarità dell’uno e dell’altra e, personalissima opinione, di emotività quasi evanescente…

Insomma: che piacere può dare, che arte è un arte che non ha altra interpretazione se non quella puramente tangibile, già ascritta nel suo contenuto???

Non che i nippi siano privi di creatività sia chiaro, (non cambio la mia prospettiva perché per apprezzare la cazzuta sezione 9 ho dovuto guardarmi l’anime) ma per ritrovare l’ethos di cui sopra, devo sentirmi cullato dai frame cibernetici, qualcosa che dà colore a quelle sbiadite didascalie, che mi faccia rabbrividire e sparare dalla cervicale ai palmi dei piedi pulsioni ormonali irripetibili…

"Ghost in the shell" nasce da concept cyberpunk di matrice fortemente orwelliana, che dopo 2001 e Neuromante completa la cerchia di interpretazioni sull’ incommensurabile conflitto fra l’uomo e la macchina; ovvero il primo (vedi il Maggiore Kusanaki) alla fervente ricerca dell’espansione siderale del proprio es , e il secondo (il progetto 2501) ovvero “la perfetta estensione cognitiva”: la cosiddetta creatività nel calcolo- e qui interviene il paragone fortissimo con Hal 9000 di cui vi è presente una forte assonanza doppiaggistica- che spinge a ripudiare la malleabilitità algoritmica propria del calcolatore[ da parte de propri creatori, in questo caso la  corrotta Sezione 6] come un bug, e come si evince dalla visione, costretta a trovare un universo fisico volatile (nascita – vita – morte – riproduzione) per poter imprimere tangibilmente e non solo psico-ciberneticamente la propria coercizione creativa.

Il maggior pregio del film è il contrasto fra la flebile, e per altro poco approfondita, evoluzione dell’intreccio e la mastodontica sceneggiatura, che, sebbene contenuta  in poco più di 70 minuti, riesce nella ardua impresa di rendere nostre le scosse sinaptiche dei protagonisti ,il profondo senso di rassegnazione dato dalla crescente sudditanza dell’animo alle pressioni serotoniniche del cervello, e il costante quanto implacabile senso (e di questo matrix è fortemente debitore) del sentirsi confini labili e facilmente permeabili dall’ambiente esterno, pronto ad hackerare e comprimere le nostre sinapsi, fino a farci rinveire una nuova meta-realtà.

Tecnicamente, mensione più che positiva per l’ottima colonna sonora, specie per come è concepita: seppur nella sua cadenza ora sincopata, ora marziale, riesce a essere tappeto di riflessione sull’ambiente ipertecnologico e allo stesso tempo metropolitano e decadente, vero fulcro della condizione umana.                                   

…Comunque un giorno giuro che mi accatto "Ghost in the shell" versione cartacea, lo apprezzerò al punto di mandare a cacare e ripudiare l’anime con tutto il core, e mi darete del coglione fin quando non mi cancello dal sito; spero tardi. Ma fino ad allora non mi dovete proprio cacare il cazzo J ok? Con tutto il rispetto di Diabolik e Topolino che adoro…

Perdonate la forte impregnanza personale in cui è racchiusa la rece…

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