"Mi incammino solitario dal mare profondo del tuo spirito, per sempre"

Il mare. Il mare come simbolo di viaggio, di itinere finale, di morte, il mare come carico di gloriose speranze, il mare come tradizione e leggenda. Questi sono i temi principali di "Dödsfärd" ("L'ultimo viaggio"), terzo full lenght risalente al 2003 degli svedesi Månegarm, fautori di un viking metal particolarmente intriso di epicità e di sounds tipicamente black e folk: il mare e la leggenda. I testi sono quindi incentrati su racconti pagani e vichinghi, mitologia norrena e suggestive poesie sull'animo umano, mentre l'atmosfera qui evocata si sposta da toni oscuri e cupi ad'altri solenni e ancora euforicamente folkloristici, quasi a metà tra i finlandesi Finntroll e i norvegesi Lumsk, raggiungendo ottimi picchi di originalità.

Nel complesso un album con qualche ombra e molte luci, con alcune perle di grande intensità e di grande creatività: eccezionale in ciò la sintesi tra riff di melodiosa furia e violini talvolta soavi, talvolta sfrenati. Il viaggio inizia con un'intro: suoni di onde che si infrangono, leggere e d'effetto distorsioni elettroniche, limpido e chiaro lo stacco solista del violino. Le succede velocemente la prima perla dell'album, "I evig tid": splendida nella melodia sinuosa e quasi orientale, nei cori e nell'intermezzo sinfonicamente aggressivo, una traccia evocativa e dal testo poetico. Scorre impetuosa la terza traccia, "Ravenous", dal riff trascinante, profondo growl e ritmo incessante, pesantemente influenzata dall'elemento black del gruppo. Melodici ed'elaborati intrecci di riff delineano la successiva "Agirs Vrede", caratterizzata da un cantato in clean voice e da un'atmosfera solenne. Alla violentissima quinta traccia, la titletrack, quella che per la maggiore attinge dal filone black presentandone i classici stilemi nel sound con l'aggiunta di cori nell'intermezzo semi-acustico, segue la seconda perla, "Fimbultrollet": un incedere euforico, allegra atmosfera da taverna medievale e forte presenza di violini per una canzone che richiama prepotentemente ai migliori Finntroll di "Trollhammaren", eppur aggiungendo al proprio arsenale archi e riff melodici in più. Meno originalità e aggressività rinnovata caratterizzano invece le tre tracce seguenti, "Daudr", "Vrede" e "Pagan War", che propongono quindi un sound simile a "Ravenous" e alla titletrack e tuttavia meno ispirato e più ripetitivo, impreziosito però ancora una volta dai raffinati violini.

Pacata e malinconica inizia "Ursjalens Visdom", vera gemma dell'album, nella sua profonda ed eccheggiante chitarra acustica che sfocia in una tempesta di melodiosa ira ed epicità, tra momenti di nuova pace, solenni cori e attacchi rabbiosi, e ancora intrecci impetuosi di scatenate chitarre e furiosi violini, per concludersi con lo stesso evocativo intro della canzone mentre difficilmente nella mente dell'ascoltatore non scorrono immagini di mari lontani e di placide brezze. "Dödsfärd" si conclude così con "Gillesvisan", dal sound acustico e dal sapore festoso, con tanto di sottofondo di boccali agitati e risate per un'inno ai canti e ai piaceri materiali.

I Månegarm con questo riuscito album si affermano definitivamente nel campo del viking, forse addirittura migliorandosi col successivo "Vredens Tid". Peccato che il loro nome sia poco conosciuto fuori dalla Svezia, non concedendogli la fama che meriterebbero.

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