Stavolta hanno rischiato di farlo davvero. Il capolavoro, intendo.
Avevano già "sfiorato le stelle" con quell'emozionante disco che risponde al nome di "This Is My Truth, Tell Me Yours", ma quando senti un singolo come "Your Love Alone Is Not Enough" (in collaborazione con la frontwoman dei decaduti The Cardigans, quella Nina Persson che, oltre che un'ottima vocalist, è anche una delle donne più belle dello starsystem europeo) ti si apre veramente il cuore.
Già dalle prime note della bella titletrack, numero di perfetto brit-rock, si intuisce che la noia sarà una sensazione poco ricorrente attraversando le restanti nove tracce. Come per dartene una conferma, arriva l'assalto chitarristico di "Underdogs", in cui le chitarre graffiano come poche volte in un disco dei Manics e la voce di Bradfield appare in piena forma e senza fronzoli. Di "Your Love Alone Is Not Enough" abbiamo già detto, si presenta come un pezzo guitar britpop di impatto melodico veramente devastante, molto piacevole nel suo incedere da "montagne russe". "Indian Summer" è una classica rock ballad in cui i Manics centrano ancora una volta il ritornello perfetto (non ne sbaglieranno uno quasi per tutto il disco), lo stesso dicasi per "The Second Great Depression".
"Rendition" si gioca tutto con un riff aggressivo ma piacevole, la voce di Bradfield continua ad incantare (l'"influenza" - non la somiglianza, attenzione - di Freddie Mercury è innegabile), così come risultano molto piacevoli degli stacchi "pumpkinsiani" lungo tutta la canzone, scanditi da passaggi di batteria secchi e diretti. "Autumn Song" si apre su un assolo debitore dei Guns di "Sweet Child ‘O Mine", per trasformarsi in un classico midtempo alla Manics, ormai un marchio di fabbrica. La cadenzata "I'm Just A Patsy" e il punk-pop di "Imperial Bodybags" ci conducono al finale di "Winterlovers", che pesca a piene mani dal repertorio più rock dei Queen (coretti iniziali compresi). Da segnalare la ghost track "Working Class Hero", cover molto piacevole dell'immortale classico Lennoniano.
Un album quindi aggressivo (nessuna ballata), compatto (circa mezz'ora) in cui l'anima rock dei Preachers viene fuori in tutta la sua prepotenza e spontaneità. Ci voleva proprio, c'è da dirlo.
E ora non resta che gustarsela live, questa energia ritrovata.
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