Per alcuni è l'inizio della fine, per altri è soltanto un capitolo "diverso" della carriera metallica dei Manilla Road. Come sempre in questi casi, la verità sta nel mezzo.

Influenzati dalla corrente thrash che imperversava in lungo e in largo per gli states in quegli anni, Mark Shelton e soci ne furono inevitabilmente contagiati e "Out of the abyss" rappresenta l'incontro indissolubile tra il sano e ruvido epic metal degli esordi e il thrash/speed che dilagava in ambito metal. L'unione tra queste due correnti musicali ha generato il settimo album in studio della band, largamente ispirato ai racconti orrorifici di autori come Lovecraft e Clive Barker, pubblicato dopo l'unico album live registrato dal gruppo di Wichita, Roadkill.

A seguito dell'ottimo successo di critica ottenuto con i quattro capolavori precedenti (Crystal logic, Open the gates, The deluge e Mystification), il gruppo capitanato dal leader Mark Shelton, si è trovato nella difficile situazione di dover confermare quanto di buono fatto in passato, ma allo stesso tempo rinnovare senza stravolgere la propria proposta musicale. Il risultato è Out of the abyss. Un album per certi versi "nuovo" ma certamente ancorato al modo di fare metallo della band:riff taglienti, batteria e basso in primo piano, composizioni epiche con pathos a livelli industriali. Ma la vera innovazione (se così la si vuole chiamare) non sta tanto nelle caratteristiche di base dei Manilla Road, quanto nel sound stesso di questo lavoro. Già con "Mystification" si erano avute le prime avvisaglie di appesantimento del suono e la sua fedele continuazione è presente in "Out of the abyss", opera malsana e violenta, sia nella musica che nelle liriche.

Testamento di questa "nuova" faccia manilliana è la schizofrenica pallottola metallica "Whitechapel", che ci racconta i massacri perpetrati dal famoso Jack lo squartatore. Negli oltre sette minuti della song abbiamo l'esposizione stilistica del "modificato" heavy metal della band. Un ritmo incalzante, con la drum di Randy Foxe a farla da padrone in uno degli highlight del disco. Quasi a volerci mostrare tutta la loro rinnovata potenza, la band ci spara altre due song di puro metallo al cento per cento con le successive "Rites of blood" e "Out of the abyss", quest'ultima dal malefico chorus.

Proprio questa tendenza al trash è il vero punto debole dell'album. Se infatti rappresenta una sorta di innovazione rispetto ai platter precedenti, Shelton ha calcato troppo la mano, rendendo le song tutte abbastanza simili tra loro, nonostante degli episodi più personali come la splendida "Return of the old ones" con reminescenze psichedeliche tipiche dell'album "Metal", pubblicato nel 1982.

Out of the abyss, uscito quando i Metallica davano alla luce "And justice for all", è il primo intoppo con cui la perfetta macchina Manilla Road ha iniziato a scricchiolare. Inoltre proprio per la sua prestazione dietro il microfono, sono cominciati i problemi alla voce per Shelton, costretto in futuro ad abbandonare il ruolo di singer.

Una piccola macchia per una band di culto, che è da considerarsi come uno dei pochi gruppi metal classici a tenere alta la bandiera dell'heavy.

1. "Whitechapel" (7:16)
2. "Rites Of Blood" (4:17)
3. "Out Of The Abyss" (3:25)
4. "Return Of The Old Ones" (6:21)
5. "Black Cauldron" (2:57)
6. "Midnight Meat Train" (3:01)
7. "War In Heaven" (4:57)
8. "Slaughterhouse" (3:40)
9. "Helicon" (6:39)

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