Il disco in questione è decisamente più convincente del suo predecessore; quell'Atlantis Rising che fece gridare al miracolo gli appassionati di epic metal sparsi lungo il globo, ma che fece anche storcere il naso ai fan più intransigenti, malgrado il livello concettuale fosse ancora molto alto (un concept fanta-mitologico che miscelava in maniera piuttosto logica la mitologia norrena, il ciclo di Cthulhu e il mito di Atlantide); ma c'era qualcosa che non andava dal punto di vista del songwriting: una line-up di fortuna (il tecnico del suono Hellroadie fu costretto ad improvvisarsi batterista), che rese troppo scarne le parti ritmiche, facendo rimpiangere il tecnicismo esecutivo dei dischi appartenenti al periodo d'oro del gruppo (1985 - 1990).
Con Spiral Castle è tutta un altra musica: la produzione è decisamente migliore: i suoni restano grezzi, altisonanti e anche se le chitarre non stridono come nel precedente lavoro, le parti vocali (che in Atlantis Rising erano state fin troppo sacrificate dal deflagrante muro sonoro costruito dai riff) tornano finalmente in primo piano, rendendo le canzoni maggiormente evocative. Dietro le pelli abbiamo Scott Peters,(nella sua unica performance in studio con la band) che riesce a far tornare il drumming potente e roboante, quasi come ai vecchi tempi.
L'atmosfera è molto vicina ai lavori degli anni 80 (in particolare a Open the Gates e Mystification), ma le composizioni sono più sofisticate e profumate di venature prog e psichedeliche. Persino Shelton, sembra essere tornato quello di un tempo. Ce ne rendiamo conto già ai primi versi della title-track, dove il suo cantato tecnico e recitato rende tutto più magico. Qualche incursione in growl (o almeno con una tonalità molto simile), nell'intro di Merchants of Death, potente brano heavy - doom (sound che ad ogni modo imbratta l'intero disco), con uno psichedelico intermezzo dal retrogusto quasi "Pinkflodyano". Ottima anche la sognante Seventh Trumpets e l'orientaleggiante Born Upol the Soul (strumentali strepitosi).
Disco breve ma intenso. Trentacinque minuti di purissimo epic metal, che torna ad essere tecnico e cervellotico (specialmente nella parti per chitarra: ascoltare per credere). Da segnalare comunque una prova un po' sottotono di Bryan Patrick alla voce (che da questo momento in poi darà sostegno a Shelton sia in studio che in sede live). Ma in questo caso i duetti Shelton - Patrick non funzionano sempre a causa della voce ancora acerba del nuovo singer. Un difetto che comunque sarà destinato a scemare, ascolto dopo ascolto.
Federico "Dragonstar" Passarella.
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